21 dicembre, 2006

14 dicembre, 2006

Norah





















Sussurrami, respirami, e dissetami con tutta la musica sparsa per casa,

all'ombra delle luci, delle lacrime, colmate di emozioni.
E far di conto alle nostre idee, ai nostri esseri.

Luccicami gli occhi di solitudini
e di destini sospesi nel limbo dei diversi,
muti spettatori delle ore e della nebbia di un dicembre.

Due esseri stretti a solitari pensieri,
avvinghiati in silenzioso abbraccio,
corpo a corpo, nudo a nudo, fiato a fiato, lingua a lingua.

I tuoi capelli, il tuo odore, i tuoi sogni ...
Amore atteso e amato, ... consumato.

11 dicembre, 2006

Bliss World ...













Time for everbody
Listen to the sound
and all the lonely people
live beneath the ground
don´t listen to another
just listen to yourself
only changes can happens
when you change yourself
I want run
I want hide
I only want to live
To live my life

Breathe of pain
I´m the ruler of my world
Breathe in peace
I´m the ruler of the world

I courage of conviction
In everything you do
Course every little action
Only falls on to you
And I don´t want excuses
To hear your bitterness
There´s far to many people
Who want to give their best
I want run
I want hide
I only want to live
To live my life

Breathe of pain
I´m the ruler of my world
Breathe of pain
I´m the ruler of my world
In this light
In this life
In this love
All come back to you

... ricordare è come un pò morire ...

10 dicembre, 2006

Mi ero ripromesso di non guardare più al mio passato.
Ma esso è lì a far parte di me; non lo posso dimenticare come non lo posso rinnegare.
Devo solo trasformarlo nella speranza di un domani migliore.

(foto di Andrea Simeone)

06 dicembre, 2006

COS'E' TRIONFARE?


COS'E' TRIONFARE? ...


... E' IMPARARE A FALLIRE!


27 novembre, 2006

Genèse, ...



Al principio è il silenzio
e l’oscurità ombrava il volto antico del universo.
Armonia e purezza in infinito,
si libravano nell’eternità del cielo senza confini,
la luce era dolce e meravigliosa,
la pacatezza dei sensi imperava da sempre.
L’Entità Eterna decise di creare,
di dare vita ad un altro mondo tra i tanti.
Decise che sarebbe stato il suo mondo meraviglioso.
L’Architetto iniziò col prendere un fiore,
un giglio di innocenza e candore.
Lo immerse nell’armonia e nell’ascesi,
v’aggiunse purezza e amore, e lo rese spirito.
Prelevò, poi, un frutto dolce e delicato
dal albero del miele
e lo trasformò in un’anima fatata,
vi soffiò all’interno versi di poesia e musica
e quando fu pronta, il bene e la tenerezza vi dimorarono.
Per finire, vi seppellì in esso un alito di luce e vi diede vita.
Quella creatura si risvegliò dal sonno nativo
con tal tranquillità e timidezza e pacatezza
ch’incantava le altre creature
giunte lì per ammirare ed assistere alla vita
ed il resto del universo si fermò per breve istante.

…nata, dolce, delicata,
con profumo di soavità e di gioia ricca per la vita.
Il suo cuore si concilia con l’incanto
e la tenerezza che l’invade e la rende ingenua ed innocente.
I suoi sensi alimentano la felicità
e, ovunque, intorno a lei, c’è fervore e festa.
Vive.

(a te 'figlia', che non avrò mai)

21 novembre, 2006

Dovunque fosse ...

Dovunque fosse, lui era lì.

Si stancò che Dio lo sorvegliasse sempre.

Aveva bisogno di un po’ di vita privata.
Ma come?

“Mi renderò trasparente, affinché lui non mi possa più vedere”.


Smise di pensare, di sentire, di ricordare …
inutile!

Lui era sempre lì a guardarlo.


Arrivò alla conclusione che l’unica vita privata che poteva avere era quella di non essere.


Sparì ... e Dio anche.

14 novembre, 2006

The Lonely Man


... non chiedermi perchè non credo più,
non chiedermi perchè non spero più,
non chiedermi perchè non lo sogno più,

chiediti se ne vale la pena,
se ne hai il coraggio,

chiedimi se ci penso,

... E DIMMI SOLO IL SUO NOME.


10 novembre, 2006

E' solo una mia vanità ...

Vai cercando qua, vai cercando là,
ma quando la morte ti coglierà
che ti resterà delle tue voglie?
Vanità di vanità.

Sei felice, sei, dei pensieri tuoi,
godendo solo d'argento e d'oro,
alla fine che ti resterà?
Vanità di vanità.

Vai cercando qua, vai cercando là,
seguendo sempre felicità,
sano, allegro e senza affanni...
Vanità di vanità.

Se ora guardi allo specchio il tuo volto sereno
non immagini certo quel che un giorno sarà della tua vanità.

Tutto vanità, solo vanità,
vivete con gioia e semplicità,
state buoni se potete...
tutto il resto è vanità.

Tutto vanità, solo vanità,
lodate il Signore con umiltà,
a lui date tutto l'amore,
nulla più vi mancherà.

07 agosto, 2006

… FINE DELLE TRASMISSIONI …

Doveva arrivare prima o poi, … ho deciso prima.

Non è facile capire perché chiudo questo spazio; ancora di più, spiegarlo. Avevo ancora tante cose da raccontare, di me e della mia vita. Ma credo che verrei frainteso come è già accaduto. Mi fa paura parlare di certe cose.

In questi ultimi 40 giorni, si sono succeduti vari stati d’animo che m’hanno fatto riflettere e maturare l’idea. Tutto, negli ultimi giorni mi ha condotto a questa decisione.

Grazie a tutti i miei amici, i commentatori spontanei o quelli che sono solo passati di qua …

E’ difficile per me … d’ora in poi, sarò più solo; di questo ne sono certo!

Ora inizia un altro lungo “viaggio”. Non so quello che mi attenderà domani e non so se quello che mi attendo mi aiuterà a capire meglio. C’è qualcosa dentro di me che vorrebbe tornare ma non dipende solo da me.


Chiudo l’ultima pagina di questo mio diario … è stato bello!

04 agosto, 2006

Monika: potrei scrivere ...

Potrei scrivere ... di quel giovedì sera; autunno di metropoli, nebbia, freddo, strade deserte;

potrei scrivere ... del mio girovagare e della luce dell'insegna del locale: 'La Salle';

potrei scrivere ... del mio dubbio e del coraggio di entrare, delle luci sommesse, dell'atmosfera calda e serena, delle poltrone in pelle, della moquette rosso scuro, delle piante ornamentali, dei quadri e delle statue equivocabili ma raffinate;

potrei scrivere ... degli scalini che ho fatto, uno ad uno;

potrei scrivere ... della penombra e delle luci soffuse e dolci, del tavolo dove mi sono seduto, del Bailey's che ho ordinato, del mio sguardo tranquillo e scrutante chi mi circondava;

potrei scrivere ... del tuo spettacolo, del tuo sodalizio carnale con il nulla, della tua malizia di femmina gentile;

potrei scrivere ... del tuo sorriso, dei tuoi occhi che mi chiamavano, dei miei occhi che ti desideravano;

potrei scrivere ... di quando ti sei avvicinata a me, di quando mi hai chiesto, in quel italiano strano: 'Compagnia?', di quando ti ho detto: 'Siediti', di quando ti ho offerto da bere, di quando mi hai sorriso come una piccola monella;

potrei scrivere ... di quanto abbiamo parlato, di tutto un pò, di noi, degli altri, della città, del tuo paese lontano, del tuo lavoro, del mio lavoro, del lavoro degli altri, della tua famiglia, delle tue 'colleghe', ... dei clienti;

potrei scrivere ... di quando ti ho accarezzato timidamente la mano e di quando tu me l'hai passata dolcemente tra i capelli e di quando lo sentita accarezzarmi il viso;

potrei scrivere ... di quando mi hai guardato negli occhi e mi hai detto: '...sei così dolce e simpatico!', di quando ti ho guardato negli occhi e ... non ho trovato le parole per risponderti;

potrei scrivere ... di quando mi hai preso per mano, di quando mi hai portato nel priveè, noi due soli;

potrei scrivere ... dei soldi che ho dato alla barista;

potrei scrivere ... del mio silenzio;

potrei scrivere ... di quando hai iniziato a ballare per me, a spogliarti per me, a sorridere per me;

potrei scrivere ... del mio silenzio;

potrei scrivere ... di quando mi hai sedotto come solo una donna gentile e fragile, e sola sa fare;

potrei scrivere ... del mio silenzio;

potrei scrivere ... dei baci dolci e delicati, che abbiamo condiviso;

potrei scrivere ... del profumo della tua pelle bianca come luna, della morbidezza dei tuoi capelli neri;

potrei scrivere ... dei tuoi gemiti, del mio piacere, ... e del nostro abbracciarci stanchi, sfiniti;

potrei scrivere ... del lungo silenzio, del lungo guardarci negli occhi alla scoperta delle nostre due anime contrapposte e nude;

potrei scrivere ... di quando ci siamo ricomposti e riordinati;

potrei scrivere ... di quando siamo usciti quasi, quasi furtivi dal priveè;

potrei scrivere ... di quando ti ho detto: 'E' tardi!';

potrei scrivere ... di quando mi hai accompagnato al bancone del guardaroba, di quando hai ritirato per me il cappotto, di quando mi hai aiutato ad indossarlo, di quando, nel tuo italiano indeciso e stentato, mi hai detto: '... copriti. Che fuori è freddo!';

potrei scrivere ... di quando t'ho sorriso;

potrei scrivere ... di quando m'hai accompagnato sul uscio del locale, di quando mi hai dato un bacio sulle labbra, di quando t'ho abbracciata forte, di quando, all'orecchio destro, t'ho sussurrato: 'Buon compleanno, Monika!';

potrei scrivere ... già potrei scrivere.

01 agosto, 2006

Jodorowsky ... è surrealtà (episodio due)

Maestro, dov’è Dio? – Proprio qui.
Dov’è il paradiso? – Proprio qui.
E l’inferno? – Proprio qui. Tutto è proprio qui. Il presente, il passato, il futuro, sono proprio qui. Qui c’è la vita e qui c’è la morte. E’ qui dove si confondono i contrari.
E io dove sono?
Tu sei l’unico che non è qui.

28 luglio, 2006

Io, Echo e Bunnymen


Va bene, va bene, ... qualcuno mi ha chiesto spiegazioni sul post precedente ... siamo io, Echo & Bunnymen, al cinema!

;DDDD
Clopin

The Killing Moon (Echo and the Bunnymen)


Under blue moon I saw you
So soon youll take me
Up in your arms
Too late to beg you or cancel it
Though I know it must be the killing time
Unwillingly mine

Fate
Up against your will
Through the thick and thin
He will wait until
You give yourself to him

In starlit nights I saw you
So cruelly you kissed me
Your lips a magic world
Your sky all hung with jewels
The killing moon
Will come too soon

Fate
Up against your will
Through the thick and thin
He will wait until
You give yourself to him

Under blue moon I saw you
So soon youll take me
Up in your arms
Too late to beg you or cancel it
Though I know it must be the killing time
Unwillingly mine

Fate
Up against your will
Through the thick and thin
He will wait until
You give yourself to him

Fate
Up against your will
Through the thick and thin
He will wait until
You give yourself to him
You give yourself to him

La la la la la...

Fate
Up against your will
Through the thick and thin
He will wait until
You give yourself to him

La la la la la...

Fate
Up against your will
Through the thick and thin
He will wait until
You give yourself to him

Fate
Up against your will
Through the thick and thin
He will wait until
You give yourself to him

La la la la la...
P.S.Stamane, mi sento mannaro ... al lupo, al lupo!

27 luglio, 2006

Sur le fil - Omaggio a Yann Tiersen

Siamo germogli di un sogno

Con ansia famelica di vita

Senza spina sopita nel fianco al mio onore

E sacco di muti miracoli intorno al mio cuore.

26 luglio, 2006

Calcio, Di Pietro, Israele, ... Depeche Mode

Ok, ok ... ci sono un due o tre cose che mi hanno fatto arrabbiare oggi:

Calcio: colpo di spugna da parte della giustizia sportiva. Le severe condanne del primo grado"graziate" dal secondo grado. Tutti contenti, e quasi tutti allegri perchè non perderanno i diritti TV (cioè i "danari"). Non ne capisco molto di calcio (in verità amo solo l'atletica, il nuoto, il volley ed il basket) ma ne capisco abbastanza per capire che siamo alle solite. E poi, mi ostino a non capire perchè c'è differenza tra giustizia sportiva e giustizia ordinaria: un povero cristo che ruba per mangiare va in galera, uno che ruba miliardi per "sport" (Moggi & Carrato Inc.) se la cava con un ammenda ed una "radiazione". Ma da quale ordine poi?

Di Pietro: so che non mi leggerai mai, ma perchè non esci da questo governo di centro sinistra liberal borghese? Sono con te! Risolvere il problema delle carceri, facendo uscire persone per piccoli reati minori (non so perkè questo si lega al punto precedente) va bene. Ma abbuonare anche ki ha derubato, falsificato, raggirato la legge per intascare miliardi di miliardi (di euro), beh! proprio non ci sto! Io sono sempre stato di sinistra, ma vedo che questo governo sta più a destra della destra di opposizione. Ho capito bene? Viva Zapatero! Viva Zapatero! Viva Zapatero! Viva Zapatero!

Libano: per radio ho sentito che il governo israeliano ha bombardato una postazione ONU uccidendo 4 osservatori. L'ONU cosa ha fatto? Ha gentilmente chiesto spiegazioni a Israele:
Coffe Annan: "Se non è troppo fastidio, signor ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite, cosa è successo?".
Ambasciatore israeliano alle Nazioni Unite: "Come vi permettete? Noi facciamo quello che cazzo ci pare! Noi ammazziamo chi cazzo ci pare! Chi se ne frega di quei quattro poveri stronzi!".
Coffe Annan: "Scusi, non volevamo offendere. Ci scusi, ci scusi, ci scusi!!!" (con la faccia sotto i suoi piedi che si può anche muovere e noi sempre lì sotto, zitti!).

Basta così ... cambio argomento

Sono passati più di 5 mesi dal concerto dei Depeche Mode al Filaforum di Assago (MI). E' uno dei miei gruppi preferiti (l'ho scritto anche nella mia personals). Li adoro. Sono stati il primo vero gruppo "rock" della mia adolescenza (dopo ho scoperto Pink Floyd e REM). Con le loro canzoni sono cresciuto: ho gioito, ho pianto. Ho amato, ho odiato. Ho fatto cazzate immonde, ho taciuto quando non dovevo. Ho lottato per ciò in cui credevo, ho perso ciò in cui credevo ... Sono loro che mi hanno fatto conoscere il bello delle loro liriche in armonia con il bello dell'elettronica. Vince Clark, Andrew Fletcher, Martin Gore ed il mitico Dave Gaham. Quando li ho ascoltati, non ho potuto frenare la mia voglia di ballare, di cantare, di piangere (di gioia e di emozione). Se m'avesse visto, il mio maestro Zen, avrebbe detto: "sprechi tutta la tua energia disperdendola in migliaia di punti nel cosmo circostante anzichè concentrala in un solo punto del tuo universo interiore!". Maestro, capitemi e chiedo veneramente scusa.
A proposito, piccola chicca: il nome Depeche Mode, è stato inventato da Dave Gaham che in quel periodo frequentava una scuola d'arte di Londra e leggeva una rivista francese di moda dal nome "Mode depeche".

Clopin
P.S. Qualcosa è cambiato in questo blog. Qualcos'altro cambierà! Ci si prepara alla "muta del serpente"?

25 luglio, 2006

Acqua alta a Milano ... (semplice racconto tra surrealismo e passato)

Questa mattina quando sono sceso per venire in ufficio ho trovato che i due fiumi che scorrono vicino casa mia (a Zara), il Seveso e il Lambro, avevano deciso di strabordare (credo sia normale quando piove ininterrottamente per due settimane consecutive). Espressione di disapprovazione e gesto di incazzatura feroce a parte, per circa 15 minuti ho camminato in circa 30/40 cm di acqua alta. Mi sentivo come un alluvionato del Polesine, come un veneziano a Milano. La metro non funzionava ed ho dovuto farmi 2 km di strada a piedi, mezzi pubblici inesistenti, traffico paralizzato. Ed in più, quelle poche automobili che riuscivano a passare alzavano fontane d'acqua e fango. Uno di quegli stron... di automobilisti aveva deciso di utilizzare la sua vettura non per gli usi a cui la stessa è normalmente adibita ma come motoscafo d'altura e mentre stavamo aspettando il nostro turno ad un semaforo pedonale, siamo stati castigati in cinque. Ho avuto la prontezza di riflessi di abbassare l'ombrello per ripararmi almeno mezzo busto, ma dalla vita in giù, un dramma idrico. La forza della disperazione mi ha portato fino alla stazione centrale dove vox populi (una famiglia marocchina di sei elementi tutti stipati su un canotto) mi aveva riferito che funzionava una linea diretta della metro. Per coraggio, per rassegnazione ma più per il fatto che mi trovavo nel bel mezzo di un fiume in piena, mi sono spinto verso la speranza annunciata dagli africani abitanti della terrra del sole, del deserto e dell'asciutto. Arrivato in stazione centrale, meraviglia, la metro funziona, delusione, è stracolma di gente. Forse per imitazione, ma anche i vagoni della metropolitana avevano deciso di strabordare; non acqua ma corpi umani, ... vivi! Altro coraggio, faccio di corsa, due volte, il percorso della banchina d'attesa, in cerca di un varco; trovo un finestrino semiaperto, ci provo, mi infilo, perdo una scarpa, riesco dal finestrino, un barbone se l'era fregata, lo inseguo, me la riprendo, rivado al finestrino, ... ci trovo sette persone ed un cane incastrati; e dagli altoparlanti una voce continua a ripetere di: "non forzare l'ingresso in vettura, lasciare libero il passaggio, c'è un altro treno che attende di entrare in stazione, non forzare l'ingresso!". Improvvisamente, scorgo una dozzina tra colletti bianchi, tute blu e massaie annoiate, attaccati sotto il vagone. Ci penso un attimo, e mi dico: “ma questi sono pazzi, è più sicuro sopra la carrozza!”. Utilizzo una piccola montagnola umana, formatasi per caso al centro della banchina, la scalo come una alpinista consumato e mi abbarbico sul tetto del treno. Per quasi venti secondi difendo con le unghie e coi denti, la postazione conquistata, da avvocati, commercialisti ed agenti di borsa. E’ dura ma mantengo la posizione, … ed ecco che il treno parte. Qualcuno si alza in piedi ad imitazione dei “ninos” brasiliani e prova a surfare, ma l’imbocco della galleria lo frega istantaneamente. Qualcuno grida: “non si fanno queste cose in treno, almeno ora stiamo più larghi!”. Il viaggio è un incubo. Non mi ero mai reso conto di quello che si può incontrare sotto il soffitto di una galleria di un metro, cavi elettrici, luminarie di natale, radici di alberi che sbucano fuori e pipistrelli a parte. Comunque arrivo a destinazione e scendere è più facile che salire, basta scivolare e lasciarsi andare; e comunque cadi sul soffice delle persone che sono scese prima di te. Corro verso l’uscita e guardando per un breve istante alle mie spalle, posso ammirare un raro spettacolo della natura (umana): “una cascata di ominidi”. Le scale mobili sembrano immobili, ma … lo sono, sono fuori uso! Zampetto gli scalini a tre a tre, insieme ad uno sciame di cavallette che mi precedono e mi seguono, ed arrivo in prossimità dell’autobus che mi dovrà portare a destinazione. Ma non vedo niente, solo un ammasso di persone, … ma cosa, l’ammasso di muove? All’interno di quel groviglio immenso c’è il mio autobus. Disperato afferro un ombrello che chissà come sbuca da quel gomitolo di braccia, gambe, borse, assi da stiro, solidamente ancorato al nucleo. Fulmineo, mi impossesso di uno skateboard di un bambino orfano della madre, e mentre il piccolo dimostra il suo contrappunto piangendo, inizio la mia avventura come surfista … “da strada”. All’inizio è divertente, ma poi ti accorgi degli squali in doppiopetto grigio, che cercano di azzannarti, e di mangiarti o solo di offrirti una polizza assicurativa (che poi è la stessa cosa), con brochure e depliant più affilati dei denti di uno squalo bianco. Vivo attimi di autentico terrore, ma mi dico: “E’ una prova dura, ma qualcuno dovrà pur farlo!”. Sempre più convinto, faccio lo slalom in autostrada tra automobili, tir diciotto assi, mezzi dell’ANAS, tricicli a metano. E finalmente arrivo a destinazione: Milanofiori, Assago (MI). E’ un immenso acquitrino! Mezzi anfibi dei vigili del fuoco, avvertono che la campagna circostante è allagata (come se non ce ne fossimo già accorti). Ma non c’è il tempo per ascoltare stupide voci allarmiste, mi tocca staccarmi dal pullman ed arrivare, almeno per inerzia o per spinta, all’ingresso dell’ufficio. Con manovra degna di uno stantmen, a metà tra Micheal Jordan ed Alvaro Vitali, mi sgancio dal mezzo-motoscafo e mi lancio verso il palazzotto. Sbatto contro la vetrata d’ingresso, ma è il minimo. Il custode impietositosi, mi apre la porta scorrevole, ma non mi aiuta, altrimenti verrei squalificato (ma de che?). Intanto l’orda barbarica, albanesemente abbarbicata al pullman di cui sopra, invade la sede della società. E’ una lotta contro il tempo, ma guadagno l’ascensore. Fregato, l’ascensore può portare solo dodici sardine; saremo almeno in cinquanta, coraggio! Secondo piano, “…è il mio!”. “Devo scendere!” grido, ma nessuno si sposta, insisto, niente. Mi incazzo, niente ancora. Mi incazzo furiosamente, mi ingrosso sei volte la mia stazza normale e scalpito come un toro nell’arena, si scansano come si scansarono le acque davanti a Mosè (forse anche Mosè si incazzò in quella circostanza). Finalmente l’ufficio! Ormai sfinito arrivo alla scrivania, mi siedo, accendo il computer, mi rilasso per due meritati minuti ed il capo mi dice: “In ritardo, eh?, Così non va!, non va proprio!”

Milano 27/11/2002

24 luglio, 2006

La ragione è dei sentimenti

Ho sentito il male solo quando l’ho avuto in corpo e mi ha sconvolto, ma nemmeno questo sono stato in grado di vivere fino in fondo. Non me ne sono impossessato, è stato lui ad impossessarsi di me.
Ho cercato di viverlo, il male. Da ragazzo ne ho subito il fascino. Forse sarei arrivato anche ad uccidere senza ragione, come si fa in guerra. Ma i bambini straziati dai bombardamenti, le donne senza più lacrime sono rimaste figure lontane da me, spettatore inabile persino a capire. Dinanzi alla distruzione che toccava altri, mi sono ritratto, illudendomi che questo potesse bastare a salvarmi. Invece l’apocalisse mi è cresciuta dentro, una guerra senza ritirate possibili, senza eserciti, senza sangue, … con un morto soltanto.

Mi sono ritirato dalla vita, non ho più parlato, non ho più scritto. Anche la malattia non mi ha più fatto male. E’ stato come se, consumata tutta la carne e le ossa, non avesse più nulla da ferire né da maciullare. Ci siamo arresi entrambi, io e il mio male. Le paure si sono prosciugate come scorie, pezzi di scarto lasciati alla sabbia da una marea. Quando le fobie hanno finalmente abbandonato la mia anima, me la sono ritrovato vuota, una stanza con le pareti semidiroccate, eco di una catastrofe ormai lontana.

Non ho più voluto insegnare, ho dovuto pensare soltanto a me, al mio disfacimento, la testa ingombra d’infelicità. Non sono più riuscito a guardare le facce dei miei ragazzi: mi chiedevano troppo e io non sapevo più cosa dar loro, nemmeno cosa consigliare loro di leggere. Il dolore e le paure mi hanno tenuto incagliato nelle secche dell’egoismo, senza strumenti per riprendere il mare libero, per allontanarmi dai luoghi della vita più insidiosi e ricattatori. Nessuno mi ha mai insegnato come fare.
Mi è mancato mio padre, un padre.

Una volta ho visto la fotografia di una città azzerata dall’esplosione di una bomba atomica, ho pensato a quanti uomini era successa, in verità, la stessa cosa: quanti alla fine del loro viaggio, si sono ritrovati anneriti nel silenzio, alberi senza più rami, ombre in attesa…Sono solo, alla fine della vita. Mi ci ha condotto il silenzio obbligato delle paure.

23 luglio, 2006

Il cuore ... tu sai

Il cuore non fu mai nominato,
almeno fino a una certa età,
un'età abbastanza adulta.
Prima non mi sono mai reso conto
di averlo o non averlo un cuore;
non ci si pensava.
Ma poi venne il cuore, ... e incominciai a ricordare.
P.S. perchè, senza nominarla, è quello ke Lei mi ha fatto rammentare.

22 luglio, 2006

NON LO FARO'

IO NON CANCELLERO' IL POST PRECEDENTE! MAI!

21 luglio, 2006

Piangi cuore mio ... clopin muore ancora un'altra volta

che caldo che fa oggi ... ma il mio cuore è gelato.
Provo a scaldarlo, ma non ci riesco ...
gli chiedo: "... ma perchè?" ... ma non mi risponde ...
gli dico: "... non pensarci, non pensarci!"

... ma non riesce a non piangere, non riesce a non capire, non riesce a convincersi che resterà solo per sempre!

Piangi cuore mio, piangi!
Muori adesso clopin, muori adesso ...
- 22 gg al tempo 0

20 luglio, 2006

- 23 gg al tempo 0

19 luglio, 2006

Commento all'immagine del post qui sotto

ECCO COME MI IMMAGINO DIO:
UN MARE IN TEMPESTA
CON LA SUA FORZA
LA SUA SAGGEZZA
LA SUA BELLEZZA
IL SUO MISTERO
ED IO LI' IN MEZZO, ALLA SUA MERCE'
NOI TUTTI VENIAMO DA LI' E LI' RITORNEREMO!

Clopin

Jodorowsky ... è surrealtà (episodio uno)


Maestro, la cosa più bella che c’è al mondo è la differenza. Per questo credo che Dio si disperi: tutto è uguale a lui.

Per la Sua felicità, ci sei tu che non gli assomigli per niente!
-24 gg al tempo 0

17 luglio, 2006

Nostalgia incolore (Luci a San Siro)

Hanno ragione, hanno ragione
mi han detto:"E' vecchio tutto quello che lei fa,
parli di donne da buon costume,
di questo han voglia se non l'ha capito già"
E che gli dico:"Guardi non posso, io quando ho amato
ho amato dentro gli occhi suoi,
magari anche fra le sue braccia
ma ho sempre pianto per la sua felicità"

Luci a San Siro di quella sera
che c'è di strano siamo stati tutti là,
ricordi il gioco dentro la nebbia?
Tu ti nascondi e se ti trovo ti amo là.
Ma stai barando, tu stai gridando,
così non vale, è troppo facile così
trovarti amarti giocare il tempo
sull'erba morta con il freddo che fa qui

Ma il tempo emigra mi han messo in mezzo
non son capace più di dire un solo no
Ti vedo e a volte ti vorrei dire
ma questa gente intorno a noi che cosa fa?
Fa la mia vita, fa la tua vita
tanto doveva prima o poi finire lì
ridevi e forse avevi un fiore
non ti ho capita, non mi hai capito mai

Scrivi Vecchioni, scrivi canzoni
che più ne scrivi più sei bravo e fai danè
tanto che importa a chi le ascolta
se lei c'è stata o non c'è stata e lei chi è?
Fatti pagare, fatti valere
più abbassi il capo più ti dicono di si
e se hai le mani sporche che importa
tienile chiuse e nessuno lo saprà

Milano mia portami via, fa tanto freddo,
ho schifo e non ne posso più,
facciamo un cambio prenditi pure
quel po' di soldi quel po' di celebrità
ma dammi indietro la mia seicento,
i miei vent'anni e una ragazza che tu sai
Milano scusa stavo scherzando,
luci a San Siro non ne accenderanno più.

ORINOCO FLOW ...


PERLE DI PIOGGIA NEL MIO CUORE AFRICANO
FIUMI E FIAMME,
E BAMBINI A CANTARE L'OBLIO DEL GIORNO.
OMAGGIA LA DANZA DELLA SERA.

PARADISI LONTANI DAI GRECI E DAI ROMANI.

IN MEZZO LO SPARTIACQUE DEL CIELO
IN MEZZO SONNI ANCESTRALI
IN MEZZO RIPETUTE PAROLE NOTE ALLE STELLE CADUTE

SILENZIO! LA STORIA CI PARLA,
CI FA RICORDARE LE NOSTRE MISERE ORIGINI ...

16 luglio, 2006

Linea 77

Ritrovarmi qui e costantemente
dirmi che non me ne andrò
l’ottusa vanità che lacrima
redime i mali di chi persiste nell’errore
Ritrovarmi qui e costantemente
dirmi
mi sento
Come inutile predestinato
e di ogni tragedia
nobile il mio stare in scena
dignitoso nella mia caduta
siamo pronti ad applaudire in coro
invochiamo te
guida che
non sbagli mai
ne pensi a me
salvami
chi sono i miei nemici ora che
io non so più chi
scegliere
La tua paura è un nuovo inizio
L’indefinito è un nuovo inizio
L’imperfezione è un nuovo inizio
Ed ogni errore è un nuovo inizio

la nostra storia è un inno all'odio
colpevoli di tacito consenso
un inno all'odio
cantiamo inconsapevoli ogni giorno
ed ogni santo giorno
Persistiamo nell’errore
la nostra storia è un inno all'odio
colpevoli di tacito consenso
un inno all'odio
cantiamo inconsapevoli.. ogni giorno
ed ogni santo giorno
Persistiamo nell’errore

E poi sai [oggi si] vive in un eterno dubbio
Devo pensare a me a costruire una vita
dilazionabile nei prossimi trent’anni
[da interpretare] con serenità lasciva
Un uguaglianza che [consola difende]
Alimenta la voglia di personalizzare la mia prigione
idiota se mi chiedo ma come ho fatto a stare cosi bene
arriva in fondo e poi vedrai
capirai che non è servito a niente lamentarsi
senza dire
come per magia la coscienza inverte i ruoli
da vittima a responsabile dei tuoi stessi mali

curiosità è un nuovo inizio
il rispetto è un nuovo inizio
la fantasia è un nuovo inizio
in ogni sorte c’è un nuovo inizio

la nostra storia è un inno all'odio
colpevoli di tacito consenso
un inno all'odio
cantiamo inconsapevoli ogni giorno
ed ogni santo giorno
Persistiamo nell’errore
la nostra storia è un inno all'odio
colpevoli di tacito consenso
un inno all'odio
cantiamo inconsapevoli ogni giorno
ed ogni santo giorno
Persistiamo nell’errore
errore
errore
e, e
Ritrovarmi qui e costantemente
dirmi che non me ne andrò
l’ottusa vanità
che lacrima redime
i mali di chi persiste nell’errore
Ritrovarmi qui e costantemente
dirmi
la nostra storia è un inno all'odio
la nostra storia è un inno all'odio
la nostra storia è un inno all'odio
la nostra storia è un inno all'odio
la nostra storia è un inno all'odio
colpevoli di tacito consenso
un inno all'odio
cantiamo inconsapevoli ogni giorno
ed ogni santo giorno persistiamo nell'errore
la nostra storia è un inno all'odio
colpevoli di tacito consenso
un inno all'odio
e siamo inconsapevoli ogni giorno
ed ogni santo giorno persistiamo nell'errore
la nostra storia è un inno all'odio.

13 luglio, 2006

Paternità

Stamane mentre arrivavo a lavoro, è successo di nuovo! ... ero nel autobus, ipersuperstrapieno di gente, tutti schiacciati l'uno con l'altro, come sardine affumicate del baltico in scatole di latta.

Vedo una donna, con un piccolo fagotto in braccio, ... un bambino, che dormiva placidamente tra le braccia della sua mamma. Dormiva beato e sereno, tipico dei neonati di pochi mesi; tipico di chi non conosce ancora la realtà e non la vuole neanche lontanamente conoscere. Come spesse volte mi capita, quella visione di serenità produce in me altrettanta serenità. Quando vedo queste cose, mi riappacifico con il mondo anzi meglio: in quel momento, non me ne pò frega di meno del mondo, perchè tutto il mondo è in quella piccolo meraviglia della vita.

Mi è piaciuto ammirare la dolcezza dei lineamenti del suo nasino, la sua piccola boccuccia, gli occhietti dolci, dolci che di tanto in tanto, fanno cenno di aprirsi, tanto per scorgere quello che succede fuori e, soprattutto, per avere la certezza che il viso della mamma sia sempre lì (non si sa mai!). Non mi stancherei mai di stare li guardarlo ... ed ecco, d'improvviso, che mi vien da pensare al fatto che dentro di me, vorrei tanto essere padre. Forse, con i miei quasi 35 anni, il senso paterno si fa sentire a reclamare la sua naturale voglia di procreare. Oppure il senso egoistico di generare e veder crescere una creatura che, in fondo, è anche parte di me. Non saprei, ma non è la prima volta che provo questa emozione, questo sentimento.

Sono questi i momenti dove mi sento vivo da un lato e rassegnato dal altro. In me c'è la consapevolezza che non potrò mai provare questa gioia. So che si dice: "mai dire mai", ma per me, so che non sarà così. Ed è in questi momenti che mi prende la più assoluta tristezza ...

11 luglio, 2006

Addio Syd, addio sogno metafico ...

Ma, è vero? Syd è morto? ... no, non è possibile.

Proprio stamattina parlavo con un collega della notizia dello scioglimento definitivo dei Pink Floyd, e adesso apprendo che Syd Barret è morto.

Syd è stato uno dei fondatori del mitico gruppo ... non ho parole, non riesco a razionalizzare ...

... addio Syd, ... addio Pink Floyd, ... addio sogni ed ispirazioni.

PAUSA DI RIFLESSIONE

E' da un pò che ci sto pensando ... fra non molto sospenderò questo blog.
Ben inteso, non per questioni di "vacanze estive".
Negli ultimi giorni, ma è cosa normale nella mia vita, ci sono stati pensieri che mi hanno fatto riflettere intimamente (chi ha letto il mio blog, sa).
Tornerò, non so quando: forse per ripredere il filo dove l'avevo lasciato; forse per cancellare questo spazio delle mie idee; forse per modificarlo profondamente e radicalmente; forse per lasciarlo morire; forse ...; forse ...
O forse non lo sospenderò ...

08 luglio, 2006

Life bugs (parafrasando un noto film d'animazione)

E' sabato sera, sono le ore 22:20 e sono fermo a letto per una piccola complicazione verificatasi durante l’operazione al mio “dentino”. Dice il dottore che domani starò sicuramente meglio. Per ora, per calmare il dolore, mi hanno dovuto sedare con un antidolorifico molto potente. Pazienza, … cose che succedono (ma questo il dentista non me l’aveva mica detto!).

In questi due giorni, oltre che al mio dente che non esiste più (o quasi – te l’ho detto che ci sono state “complicazioni”) ed al dolore lancinante, mi è capitato di pensare a tante cose:

  • ai miei poco più di 3 anni a Milano;
  • al mio quasi 1 anno a Roma;
  • al mio ritorno temporaneo a Napoli;
  • alle persone che ho conosciuto e agli amici che ho perso lungo il mio cammino (che sono state molti – mi fermo qui perché altrimenti mi metto a piangere!);
  • agli amori che non ho vissuto ed a quelli che sono terminati prima di nascere;
    alla mia carriera che s’è fermata (o dovrei dire spezzata) nel più bello ed al mio futuro mai così incerto;
  • alle mie paure di essere umano, alle mie incertezze di uomo, alle mie mille battaglie perse, che non ho voglia di combattere più;
  • a mia madre con i suoi problemi ed a mio fratello con i suoi incubi, e a mia cognata con la sua tristezza di "non essere ancora mamma" che gli leggo negli occhi;
  • alla luna, alle stelle ed al mare al quale non potrei rinunciare mai;
  • alle cose che non ho ancora fatto, a quelle che non farò mai ed a quelle che non avrò il coraggio di fare mai;
  • alle parole, alle dolcezze, agli sguardi delle persone che mi hanno voluto bene veramente e che non vedrò più;
  • ai sentimenti ed alle emozioni che si sono sopite per sempre nel mio cuore;
  • ai sorrisi delle mie due nipotine;
  • ai tanti "tomi" della mia libreria che ho sfogliato, studiato, deriso, sui quali ho sudato, che ho dovuto imparare a memoria, dimenticati in una notte soltanto, lanciati dalla finestra, ripresi per strada;
  • alle vacanze di quest'estate, che non sto organizzando (anche se avevo deciso che dopo anni difficili in cui non me le sono potute permettere, quest'anno le avrei fatte) perchè non c'è nessuno con me ad organizzarle;
  • alla mia fede, ai miei dubbi, al mio Dio, che puntualmente, decide che me la devo cavare sempre e comunque da solo.


Sono questi i momenti in cui sei nudo con te stesso e in cui vedi bene dentro di te quello che sei stato, quello che sei diventato, quello che sarà il tuo futuro. Questi momenti, io li chiamo: "la constatazione del nostro niente!"

Clopin

05 luglio, 2006

Fermo qui ...

Ecco cosa è successo: camminavo per via del corso, per recarmi come sempre dal mio amico fraterno Stefano detto “Armaduc”. Nelle scadenze importanti, giugno è una di queste, mi ha sempre aiutato a compilare tutte quelle scartoffie fiscali: 730, UNICO, ICI, etc. per le quali non ho mai avuto grande predilezione di simpatia.
Faceva caldo, la gente era tanta che mi affogavo nel disperato tentativo di evitarla, per non andargli addosso. E’ strano: quando hai una fretta terribile, t’inventi abile sciatore da marciapiede con le scarpe al posto degli sci. Anche se i marciapiedi della mia città non sono bianchi come la pallida neve bianca. Però il coefficiente di scivolamento è uguale!
D’improvviso, mi fermo. Nel mio affannarmi per arrivare puntuale all’appuntamento, mi inchiodo. Fermo lo scorrere delle mie gambe, una dopo l’altra. Piedi uniti. Stop!
Qualcuna delle persone che mi seguiva, mi è venuta addosso, perché non ha potuto evitarmi. Quelle un po’ più dietro, hanno capito, ed aggirato l’improvviso ostacolo. Quelle a me avanti, mi hanno guardato come se avessero visto un fantasma imbalsamato, proveniente da un altro universo.
Ma niente, resto fermo; immobile. Ed ascolto le loro maledizioni.
Niente. Non mi muovo. Sono marmo.
Dopo un po’, per uno strano fenomeno fisico, sé è formato un alone di spazio, intorno a me. Un cuscinetto invisibile tra me e la folla oceanica di un venerdì pomeriggio di giugno. Un metro e mezzo di distanza di sicurezza.
E poi inizio a guardarmi intorno. Guardo le persone frettolose e maledicenti, le vetrine, le macchine ed i motorini che scorrono in strada; le bancarelle povere dei cinesi e quelle assai più scarne degli extra-comunitari ed i poliziotti, che fanno il loro dovere di sgombero. I cagnolini delle signore, lo zucchero filato dei bambini, le mani nelle mani degli adolescenti innamorati. Guardo le collane “ricche e perbeniste”, i capelli rasati freschi dei militari, ed i cellulari dei passanti. Guardo le finestre dei palazzi, i portoni aperti dei palazzi, e tutti gli angoli e le mura grigie dei palazzi.
Alzo la testo. E sulla mia testa una striscia di cielo limpido e azzurro chiaro, come solo all’inizio del tramonto si può ammirare.
Respiro. Un lungo respiro. Una, due, tre volte …e mi chiedo: “…ma che ci faccio io qui?”


Omaggio alla voce di Jack Folla (alias Diego Cugia)

04 luglio, 2006

Vecchio disco

Sera di luglio, ore 23 circa; caldo si ma non asfissiante, finalmente.
Dal balcone di casa mia, scorgo il nero oscuro del mare di notte e, su di esso riflessa, la luce di una mezzafalce di Luna. Il traffico è poco, la città è sorniona. Guardo il cielo, e dal "piatto rotante" del mio vecchio Tehcnics, ascolto un disco:

Gira, gira vecchio disco
lei, stasera, se ne va.
Tu la conosci, è fatta così;
lei valigie non ne fa,
ha tutto con se.
L’ho amata così, la perdo così.

Gira vecchio disco
lei non ci appartiene più,
e se i sole va giù,
luna piena o luna no,
piangiamoci un po’,
e tu girerai ed io canterò.

Su, gira vecchio disco,
non fermarti mai.
Lei, vedi, non c’è più
non ha lasciato niente di se.
E’ andata via da qui; ha tutto con se, forse anche un po’ di me


Ed ecco, i ricordi s'inventano le immagini nella mia mente e le emozioni mi fanno nascere le lacrime, per quel amore andato via troppo presto e superato troppo tardi. Mi sono detto: "Io muoio qui!"

03 luglio, 2006

Il cacciatore di favole


Con questo cuore aperto
ai viaggi che dei sogni
riescono a distogliere il dolore.
La crudeltà è nella notte che va via
e un incontro, al folle soldo,
che esce fuori dalla stanza,
di certo, non ti appagherà.
Tu, che sei angelo ingannato,
vinto di un amore maledetto,
violentemente maltrattato
e rivenduto dentro i bar.
Qual ricordo tradito
da un motivo di musica persa,
un po’ svenduta che lei cancellerà.
Schiudi il cuore e, adesso, non morire.
Che fine hai fatto mai?
senza l’anima che hai visto nascondersi
dietro quelle lacrime
e, poi, sciogliersi nei tuoi ideali
e, poi ancora, perdersi in echi di vendetta.
E ritrovarsi soli e abbandonati
in quei deserti del orgoglio.
Svegliati in questo letto,
ai bagliori della luce di un giorno che ritorna sempre.
Stringersi al petto,
l’unico ricordo suo che distrugge la memoria.
Con occhi spenti che non avresti visto mai;
vita che si è fatta più puttana,
prendi baracca e burattini
e va dove il vento è scellerato,
dove pochi passi si annullano nel dubbio
che nessuno mai, ha letto fiabe
come quelle raccontate con inganni di fantasia,
da traditi e disperati come me,
il nome dei quali è urlato
da un cacciatore di favole.

30 giugno, 2006

Fermati

Sto lavorando, e, quando posso, tra una cosa e l'altra, ascolto Renato ... ora che ci penso, sono quasi 21 anni che sono un sorcino.

Nel lontano 1985, ascoltai per la prima volta una canzone, "Fermati", di Renato Fiacchini, in arte ZERO, tratta dal album "Identikit". Da allora, Renato mi è entrato nel cuore e non ne è uscito più.

Regalino: posto il testo integrale di "Fermati":

Distratto amore, vai…
Malato dei segreti tuoi!
Muori e rinasci, quando vuoi, se vuoi…
Negli occhi della gente,
Che non sente
Gente delusa
Gente…che non sa chi sei!!!
Per quale strada vai ?
In quale uomo abiterai ?
Distratto amore andrai…
Sempre in cerca di un alibi…
Fermati!!!
Nelle mani, senza scrupoli…
Da chi paga per conoscerti,
In chi non sa difendersi,
Da chi sceglie un corpo all’anima!!!
Fermati!!!
Fra i pensieri sempre fragili
Nelle fiale troppo complici
Nei sorrisi troppo ironici,
Nella troppa solitudine…
Amore, che ne sai…
Dov’e’ finita l’allegria!
…dove non c’e’ speranza, un dio muore!
Nelle corsie occupate,
Dal dolore,
Nelle prigioni,
Fra pareti di follia…
Fermati!!!


Grazie Renato, per le emozioni che mi hai regalato, che mi regali e che mi regalerai.

Piccoli giganti

Il tempo qui non passa mai
In questo grigio di città
Quando il cielo mi fa paura
Si può morire di poesia
Od impazzire di realtà
Prigionieri di quattro mura
Dove sei principe del blu
Principessa delle stelle
Ti chiamavo amore e libertà
Ora chiedi la mia pelle
Non è un gioco da ragazzi
Fare i grandi e poi crescere
Senza fare passi falsi mai
E andare avanti
Come piccoli giganti
Fuorilegge ma sarà così
Che diventeremo uomini
Anche da soli
La solitudine mi fa
A volte troppa compagnia
Nel silenzio della mia stanza
Dove sei quando ti vorrei
Quando cresce la mia rabbia
Se mi perdo non andare via
Come un segno sulla sabbia
Dove sei amico dei miei guai
Quando c'è da stare male
La ferita non si è chiusa mai
E adesso bruci più del sale
Siamo piccoli giganti
Fuorilegge ma sarà così
Che diventeremo uomini
Anche da soli
Non è un gioco da ragazzi
Fare i grandi e poi crescere
Senza fare passi falsi mai.

29 giugno, 2006

Oggi Clopin è triste.

Oggi Clopin è triste.

Come quando fuori le mura della cattedrale di Notre-Dame, girovagava tra i "rifuti umani" della società parigina, si chiedeva il perchè della miseria umana e della "immondizia emozionale" del mondo. Nell'assenza di una persona che non ha mai conosciuto, e che avrebbe voluto amare molto di più, e stringere tra le braccia; e con la quale chiaccherare con la certezza e la speranza di un consiglio giusto e affettuoso. Clopin, si sedette su un sasso a guardare lo scorrere lento della Senna, d'estate, e versando una lacrima; una lacrima amara del paradiso. Sembrò possibile che quella sola lacrima, riempisse quel letto naturale, più di una piena invernale.

Ti voglio bene, papà! Mi manchi tanto ...
Non si scrive perché si ha un’idea.
Si scrive perché non si sa fare altro!

28 giugno, 2006

Il mio guscio

Badate profeti, la vita degli inganni
è spirata altrove, lontana palmi e palmi
dal centro delle città.
Mondi sommersi di sabbie fini,
di monete coralline, di arabi mercenari
ricattati dagli infanti degli inferi.
I Lucani guardano alla Luna,
volti alle giostre mietitrici, rapide e fluenti.
Di fobie felici e strazi incantatori e muti,
è piena la vostra religione e la nostra fede.
Cieco come mostro marino anziano e grottesco,
infilo, lento, le perle dei sogni,
nei sogni miei di abusato adescatore di parole;
lungi il rispetto per il suo mestiere,
profonda è la riconoscenza
per chi non riesce a perdersi in esso.
Con le sacche ripiene del vomito
di uccelli birbanti e poco poco santi,
retorici nel loro dialogare e
caini nel loro dolore, stanca di duettare
si mostra l'orrida fata ospite di bui cimiteri
e improvvisatrice di loschi appuntamenti
con lo scritto del destino.
Onore al re e onore al suo signore imperatore.
Quel fetore di schiave del suo corpo,
fanno omaggio ad un passante con il soldo tintellante,
di forza tracimò quella gatta sorniona
all'impeto del suo cavallo.
Non respira, non brandisca arma che sia incolta
o anche lieve imperfezione del suo animo imperscrutabile;
in esso c'è il suggerimento del trovatore e del trovato
o dell'orfano, come si preferisce,
e una immonda e blanda scena goliardica e
di sodomitica memoria.
Lascia il ventre a riposare
per dieci o venti anni appena
e sfiorire si vedrà la nobiltà di quella compagnona,
non più novizia.
Cruda infamia è aspirare al meglio del meglio degli altri,
l'immoralità scorre in quelle vene:
per quanto tempo ancora, indosserò questo guscio
fatto di carne e di sangue e di cibo;
non per molto, ora io lo so,
rimembrate le ceneri e il mare e il vento
per non ingozzarvi più del mio onore e del mio talento.

26 giugno, 2006

Non potevo resistere ... notizia buona, notizia cattiva

Ha vinto il NO, e sono al settimo cielo. E non per il fatto che sostenevo questo fronte del referendum, ma soprattutto perché gli italiani si sono rivelati un popolo che sa valutare se ciò che gli viene proposto, è una cosa buona ovvero una vaccata pazzesca. Mi basta questo. Ora vorrei capire se basta ai politicanti del SI.

E’ morto Bruno! Questo mi fa incazzare come una bestia. Lo si poteva catturare, utilizzando reti di confinamento e proiettili soporiferi a basso impatto. Ma no si è voluto eliminarlo, in nome di un ipotetico “timore per la vita umana”. Bruno cercava solo di sopravvivere. Aveva perso la bussola. Aveva fame. Voleva sopravvivere ed aveva paura del uomo. Non avrebbe mai fatto del male a nessuno, se non gliene avessero fatto a lui. Un orso è forte nel suo territorio ma fuori o quando si perde, ha solo paura. E le bestie umane scambiano l’istinto aggressivo della sopravvivenza e della paura con la voglia omicidia che negli animali NON esiste.

Preghierina della sera: Bruno perdona loro, perché non sanno di essere umani.

Clopin

Modern World


I'm not in love with the modern world
I'm not in love with the modern world
I was a torch driving the savages back to the trees

Modern world has more ways
And I don't mention it since it's changed
While the people go out and the people come home again
It's gotta last to build up your eyes
And a lifetime of red skies
And from my bed saying your haunted hissing in my bed
Modern world don't ask why
Cause modern world build things high
Now they house canyons filled with life

Modern world i'm not pleased to meet you
You just bring me down
Modern world i'm not pleased to meet you
You just bring me down
Modern world i'm not pleased to meet you
You just bring me down
Modern world i'm not pleased to meet you
You just bring me down

23 giugno, 2006

E-mail di P. - Non voglio ...

"… ancora qui, ancora qui. Viva qui, perché?

No, non so perché. So solo che non ci tornerò più, non ci andrò più da quelli. Per poco sono ancora viva, … qui, … cazzo, mi sento male, … mi fa un male boia!
Basta buchi, basta ore passate a chiedere l’elemosina, basta giornate passate a non capire un cazzo, … a sperare di arrivare a domani.

Chicca ce la fatta! Ce la posso fare anch’io. Devo farcela, anch’io. Anche se odio tutti quei dottori che credono sempre di sapere tutto e, invece, non sanno proprio niente. Cazzo ne sanno loro di me?

Non voglio più svegliarmi nel cesso di una stazione con una spada conficcata nel collo o in un piede. Non voglio più svegliarmi nel mezzo di una cazzo di strada, con le mutandine strappate e con i vestiti strappati, e con l’aria di una strafatta, a prima mattina. Non voglio più vomitarmi addosso la vita. Non voglio più che la gente mi guardi e veda in me solo una puttana, una tossica. Fan culo tutti e … fan … culo quelli!

Aiuto! Voglio che qualcuno mi aiuti! Non voglio morire! Non voglio morire! Non voglio …"


P. ci è riuscita!

Grazie P., è bellissima.

Live with me


It don’t matter, when you turn
Gonna Survive, you live and learn
I’ve been thinking about you, baby

By the light of dawn,
A midnight blue … day and night … I’ve been missing you.
I’ve been thinking about you, baby.
Almost makes me crazy,
Come and live with me.

Either way, Win or Lose,
When you’re born into trouble,
You live the blues,
I’ve been thinking about you, baby.
See it almost makes me crazy

Times, Nothing’s right, if you ain’t here
I’ll give all that I have, just to keep you near
I wrote you a letter, I tried to, make it clear
You just don’t believe that i’m sincere
I’ve been thinking about you, baby.(woohoooo hoooo)

Plans and schemes, hopes and fears
Dreams that deny, for all these years
I, I’ve been thinking about you, baby
Living with me, wow

I’ve been thinking about you, baby
Makes me wanna [hoooo, hoooo]
Yeah, yeah, yeah

Times, Nothing’s right, if you ain’t here
I’ll give all that I have, just to keep you near
I wrote you a letter, darling, tried to make it clear,
But you just don’t believe that I’m sincere

I’ve been thinking about you, baby
I want you to live with me, wow
I’ve been thinking about you, baby
I want you to live with me

JOSEPH CAREY MERRICK

JOSEPH CAREY MERRICK, ai più è un nome che non dice niente! A qualcuno rammenterà vaghi ricordi. Qualcun altro (pochi, credo), avranno un brivido freddo misto di emozione, terrore e pietà.

Chi è JOSEPH CAREY MERRICK?
E' il simbolo della superficialità umana e di quella sciocca visione del uomo, secondo cui la bruttezza esteriore sia emblema di ribrezzo e ilarità, e che la diversità, l'anormalità esista solo per essere oggetto di umorismo e vergogna, e di interesse scientifico, e di ruvido divertimento. La vera vergogna è il pensiero in se stesso. Il mostro, quello sì che è in noi, nessuno escluso! Ho detto nessuno!

Clopin ha conosciuto un "Joseph Merrick" a Parigi e ha conosciuto le sue paure, la sua angoscia, il suo sguardo basso, ... la sua infinita solitudine. Clopin ha abbracciato un amico che è un "Joseph Merrick". Clopin ha pianto per averlo offeso ingiustamente. Clopin ha visto la bellezza interiore del suo amico.

Clopin si è sentito (e si sente) un pò un "Joseph Merrick". Anche se certamente di gran lunga più fortunato di JOSEPH CAREY MERRICK.
Clopin si è sentito spesso un "Joseph Merrick" dentro di se più che fuori.
Clopin ha capito che ci sono molti "Joseph Merrick", nel mondo. Vicino a noi. Nascosti ai nostri occhi. O, magari, semplicemente confusi nelle nostre folle, al suono delle nostre trombe, nel nostro dimenare di bandiere, e di patetici e ipocriti inni pecorecci.

Non mi stancherò mai di ricordare ... la voce di un gigante, piccolo piccolo.

Paulo Choelo, scrisse: "Che cos'è un matto? Proprio così. Questa volta ti risponderò senza giri di parole: la follia è l'incapacità di comunicare le tue idee. E' come se tu fossi in un paese straniero: vedi tutto, comprendi tutto quello che succede intorno a te, ma sei incapace di spiegarti e di essere aiutata, perchè non capisci la lingua. Ma è un qualcosa che abbiamo provato tutti! Perchè tutti, in un modo o nell'altro, siamo folli"

20 giugno, 2006

Il progresso da lontano


Ho provato ad immaginare il progresso
Come una grande anima malata
Una enorme concatenazione di cause ed effetti
Grandi numeri e probabilità infinitesimali

Come certe albe di Roma
La cui luce elenca piano gli alberi
Così la linea del progresso si espande
Trasformando i colori delle cose in uno solo
Il bianco

Ho provato ad immaginare il progresso
Come masse di uomini che si spostano
Rincorrendo equilibri impossibili
Mescolando il colore di una bandiera
Con il rumore elettrico di un fast food
Io confondo il bene con i beni
E mi disperdo la coscienza in sensi unici

Guarderò il progresso da lontano
Per esserne affascinato e non coinvolto fino in fondo
Non vedo un altro modo per salvare l’entusiasmo
In questo mondo

Dove ognuno tende ad inseguire
Solo l’ideale di se stesso
Moltiplicando il senso del potere
Ricercando il compromesso

Eppure noi viviamo nel progresso
Lo utilizziamo per ascoltarci
Per accomodarci, per salvare l’entusiasmo
E lo fraintendiamo con la cultura dell’immagine
Del corpo, dell’apparenza

Ne occupiamo le frequenze,
e ci serviamo di certe sue estensioni
fino a rimanerne abbronzati
perchè può sostituire anche la luce del sole
e la ricerca di un Dio

Così, d’istinto, cerchiamo protezione
E poniamo distanze tra l’ieale di noi stessi
E tutto il diverso
Moltiplicando il senso del potere,
ricercando il compromesso.

Guarderò il progresso da lontano
Per esserne affascinato e non coinvolto fino in fondo
Non vedo un altro modo per salvare l’entusiasmo
In questo mondo

Dove ognuno tende ad inseguire
Solo l’ideale di se stesso
Moltiplicando il senso del potere
Ricercando il compromesso

Mi piace immaginare un altro punto dell’universo
Opposto al nostro
Dove un uomo divaga sul progresso del suo mondo
Da una finestra ricavata
In mezzo a una metropoli.

(Federico Zampaglione - Tiromancino)

Riflesso del giorno: Chi va d’accordo con la povertà è ricco. (Epicuro)

18 giugno, 2006

Confessioni di un tributante

Dove sono i sogni, quei miei desideri reconditi, nascosti o abbandonati in qualche angolo di una soffitta o di un cuore. Quella magia delle emozioni e della scoperta e dei sentimenti che non ricordo più, che non so più dove cercare. Le mie paure, quelle insicurezze hanno concorso a segregarle, portarle via, lontano da me, celandole anche alla curiosità sopita della mia anima. Perché non riesco più a sognare come un tempo, quando tutto era possibile, quando tutto sembrava facile, quando nulla era definibile. Ora non lo è più, ora è tutto sbiadito, è tutto immagini senza contorno, senza dignità. Ora sono veramente cosciente che nulla è più come prima, com’era. Mi passo la mano sugli occhi, sul naso, e poi le labbra, e poi mi ricordo che tanto tempo fa, esse hanno amato, hanno avuto coraggio sufficiente di dichiararsi, di parlare, di sospirare, di baciare, di lambire sorrisi innamorati ed increduli e crudeli. E poi labbra che hanno singhiozzato e pianto delle promesse di un amore infedele, infrante innalzi al mare, il mare che nasconde muto e silenzioso il mio segreto ed in quel mare che vorrei morire; perché in esso ritroverei i gesti, le ombre, gli amori che, un tempo, ho amato molto. Non è facile arrendersi al lento, inesorabile, nervoso scorrere del tempo che è al pari del lento scorrere delle dita tra le pagine di un libro. Oh!, quante volte ho inseguito le avventure ed i personaggi citati nei libri, ed ho sognato di paesaggi immaginari, irreali, surreali, immaginati dagli scrittori nei loro libri. Speravo, sempre, di trovare tra le pagine dei libri, le risposte ai miei perché e per come. Quei libri, che con la loro poesia, con il loro raccontare, mi hanno solo saputo insegnare che nulla è come essa ci appare, ma come viene conquistata con la pazienza e con l’ardore dei ragazzini. Ogni giorno, in ogni posto, in ogni anfratto del tempo della vita, vedo persone immerse nella lettura dei libri ed ogni volta vedo nei loro occhi, la bramosia, l’affanno di trovare una risposta ad una domanda, una qualsiasi, magari sorta qualche hanno prima, o poco tempo fa. Solo pochi, invece, capiscono che non sono le risposte che devono cercare, piuttosto altre domande. Sono coloro che più ammiro. Ma perché cercare altre domande e non affannarsi a trovare le risposte a quelle che già ci poniamo? Forse perché non ci si occupa il tempo; si sfugge alle difficoltà di coltivare il desiderio della risposta a domande impossibili. Mi diletto a scorgere negli occhi di quelle donne, uomini d’affari, commessi viaggiatori, fattorini, adolescenti libertini, immigrati provenienti da paesi lontani, ballerine dai sogni illusi ed infranti, il loro bisogno di trovare quella ricchezza che cercano da tutta una vita e che non avranno modo di trovarne in un’altra. Occhi che sembrano fiochi, spenti, privati della loro anima interiore, della loro luce e consapevoli di essere solo una minima parte di un’anima molto più grande e molto più spietata; l’anima del mondo, l’anima di Dio. Ogni giorno, ovunque, in ogni occasione, vedo persone che inseguono i loro sogni perduti, quando hanno già deciso di rinunciare a coltivarne degli altri. Credono sia questo, il segreto della vita, il segreto, custodito gelosamente, dalla generosa madre che chiamano ‘natura’ e dal fiero padre che, con azzardo, chiamiamo ‘destino’. Che grandi e sciocchi illusi che siamo; ostinati e determinati, curiosi di provare qualche cosa di nuovo, di eccitante. Ma dove finiscono le nostre vere emozioni, quelle che ci fanno accorgere che siamo ancora vivi, che siamo esseri umani, non automi? Ma perché, poi, me lo chiedo visto che non conoscerò mai la risposta. I volti della gente, quei volti che raccontano con le loro pieghe, le vere storie di una vita, trasudando la fatica delle parole e dei sentimenti dei loro proprietari. Mai come adesso, guardandomi allo specchio, mi rendo conto che il mio di volto è esattamente uguale al loro. Tutti i giorni abbandoniamo le scatole in cui ci vantiamo a vergogna di (soprav)vivere, entriamo in altre scatole che trasportano corpi fisicamente stanchi e anime desolatamente vuote verso altre scatole dove consumiamo demotivati rancori, soddisfazioni, pietà, collaborazione, frustrazione, spirito di corpo e di appartenenza, e delirio di onnipotenza, solo per il fatto di permetterci la libertà che non sappiamo neanche bene governare. E, poi, si ritorna nelle scatole dove, nella notte, per chi può, riposano le nostre menti convinte che domani, “un domani”, sarà diverso. Perché ci ripetiamo che siamo capaci di mutarlo a nostro favore, in qualsiasi momento. Perché, in ultimo, non siamo in grado di farlo, è un’altra di quelle domande. Una macchia scura su una parete tutta bianca, mi ricorda che siamo piccoli, tanto piccoli da essere invisibili ai più. Quello che davvero mi spaventa è che siamo, molto spesso, invisibili anche alle altre macchioline vicine che ci circondano. Quante volte, ho urlato nella notte, squarciando il silenzio del buio e delle luci dei lampioni per rimproverare al tempo di avermi portato oltre la soglia del non ritorno, del mio dolore, per non essere in grado di restituirmi il passato. Macchioline che resteranno su pareti bianche che il tempo, pazientemente, provvederà a cancellare o dimenticare; sempre più invisibili. Odio lo scorrere del tempo, che mi avverte del conto alla rovescia; quando le ossa iniziano a scricchiolare, quando la vista inizia a far fatica, quando la memoria ti fa dimenticare le cose più futili e ti affanna per ricordare quelle importanti. Il tempo che scocca il suo conto a ritroso e non sai mai come fermarlo, mai. Penso: che ingrato mestiere è quello del riparatore di orologi. Non so come prendere il fatto che sia inutile ricorrere a tutti quegli espedienti per rallentare o solo nascondere questo inesorabile conteggio. Sembra quasi essere una presa in giro della inumana natura umana che coinvolge tutte le macchioline in questo inutile tentativo di evitare il tributo dovuto. Come se fosse possibile escogitare un sotterfugio per beffarlo. Cosa c’è sepolto in fondo al mio cuore che non riesco a riportare alla luce, che non riesco a riportare al ricordo? Il tempo e la mia presunzione giocano contro i miei tentativi. Ma è veramente giusto che tutto sia temporaneo, inidoneo a permanere per il tempo di questa nostra vita e delle nostre sensazioni? O è solo il testimone infante della inesorabilità e di quel mistero che è più grande di noi e di tutte queste mie parole. Tante volte mi sono immaginato il mistero oltre il trascendentale e l’ovvietà delle religioni e delle nazioni e delle filosofie. Ma è vero questo mistero, non che sia riduttivo, troppo sottile e troppo debole, impalpabile dall’esterno e vuoto all’interno. Molte volte ho immaginato che il mistero mi sarebbe stato svelato al momento in cui, entrando nella mia stanza deserta, l’atteso amore, con un sorriso mi avesse fatto sentire qualcuno per qualcuno; esistere per se stessi e per lei. La speranza altrui che alimenta la mia. Il sacrificio, questo è il tributo che avrei pagato per averla. La rinuncia, questa è la scelta che avrei seguito per amarla.

14 giugno, 2006

Nu poco 'e bbene

Tu si cchiù ddoce d’a malinconia
comme ‘o mare dint’a rezza
trase jesce e se ne va
E vvote si comme o viento da tempesta
ce vulessero ‘e catene
pe’ fermà tutto ‘stu mmale
pe’ sentì nu poco ‘e bbene
e ‘a lava che dorme dint’a ‘sta montagna
e sta vicino a Napule e a Pumpei
so’ sule, so’ sule senza ‘sta Maronna
tutta ‘sta ggente de’ Campi Flegrei
E ‘o sole ca ce sceta tutt’e juorne
e ce coglie all’intrasatte
dint’o suonane dint’a ll’uocchie
trase jesce e se ne va
dimane po’ torna a venire

l’ammore nun a bisogno d’e parole
e ‘n’cielo ce stanno sempe troppi scale
e ‘a vita è comme ‘a sagliuta, nisciuno t’aiuta
si care nisciuno te sente o te da ‘na mano

E ‘a Luna ca torna sempe tutte ‘e notte
dincello ‘stu ffuoco si se po’ stutare
e a nuje ca simme carne e sentimento
‘stu core se ferma e nun vo’ (cchiù) camminare.

Tu sei più dolce della malinconia
come il mare dentro la rete
entra esce e se ne va
A volte sei come il vento della tempesta
ci vorrebbero le catene
per fermare tutto questo male
per sentire un poco di bene.
La lava che dorme in questa montagna
e sta vicino a Napoli e a Pompei
sono soli senza questa Madonna
tutta questa gente dei Campi Flegrei
E il sole che ci sveglia tutti i giorni
e ci coglie all’improvviso
nel sonno e dentro agli occhi
entra esce e se ne va
domani può ritornare

L’amore non ha bisogno di parole
e in cielo ci sono sempre troppe scale
e la vita è come una salita, nessuno t’aiuta
se cadi nessuno ti senti o ti dà la mano

E la Luna che torna sempre tutte le notti
diglielo questo fuoco se si può spegnere
a noi che siamo carne e sentimento
questo cuore si ferma e non vuole più camminare.


L.C.

13 giugno, 2006

Caro Lucilio ...

Caro Lucillio,
segui il mio consiglio, diventa padrone del tuo tempo e tienilo da conto: è la cosa più preziosa che hai. Convinciti che le cose stanno così come io te le racconto: alcune ore ci vengono sottratte da occupazioni necessarie, quali il lavarsi, il mangiare e il dormire; altre, invece, le spendiamo per fare del male (e sono quelle di cui più ci dovremmo vergognare); e altre ancora per non fare assolutamente niente (e che poi, a conti fatti, finiscono per essere la maggioranza). Nessuno che si accorga che si muore giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, e che la vita si consuma come la polvere della clessidra che scivola in silenzio verso il basso.
Il nostro errore maggiore sta nel credere che la morte sia una cosa che ancora deve venire, laddove essa, la maledetta, in gran parte è già avvenuta, e sta alle nostre spalle. Ogni ora che passa esce dalla tua cassaforte e va a far parte del dominio della morte. Fa’ tesoro allora, o mio Lucilio, del tempo che ti resta. Sarai meno schiavo del futuro e diventerai più padrone del presente. Tutto, in pratica, appartiene agli altri, a eccezione del tempo che è un bene soltanto tuo. Lo hai avuto in dono dalla natura e non lo puoi regalare al primo venuto. Quante volte invece, ammettilo, lo hai gettato via solo per procurarti il superfluo?
A questo punto ti chiederai come mi comporti io nella vita, io che sto qui a dare consigli anche a chi non me ne chiede. Ebbene, ti risponderò con la massima sincerità: il mio caso è quello di un uomo che cerca di spendere il proprio tempo in modo generoso, senza strafare. E’ stupido, infatti, accumulare ricchezze per un futuro che non esiste. D’altra parte come dicono i nostri vecchi, o almeno quelli di loro che si ritengono più saggi? «E’ inutile conservare il vino in fondo al vaso quando si è arrivati alla feccia.» Addio, tuo Lucio Anneo.


Come un graffio guarito, sei nel mio cuore di grande orso, amica mia.

12 giugno, 2006

Rose di carta

...sono appena tornato dalla pausa pranzo. Da quando sono tornato a Napoli e trovandomi al Centro Direzionale, ho ampia varietà di scelta, tra bar, ristoranti, pizzetterie, pizzereie, etc, etc. ma, di solito, tendo a preferire un bar, sito proprio sotto l'ufficio. Beh, oggi, ho assistito ad una cosa che mi ha fatto pietà per un certo verso e arrabbiare per un altro.
Mentre, seduto al mio tavolino, attendevo la mia piadina, bresaola, rucola e scaglie di parmigiano, poco più in là, scorgo un tavolo con quattro belle ragazze sedute. Erano belle, ma veramente belle (poi mi sono ricordato che vicino l'ufficio, c'è una boutique che, qualche volta, organizza dei defilé; da qui ho collegato la cosa). Ad un tratto entra un ragazzo sulla trentina, visibilmente portatore di menomazione mentale. Ma non è questo il punto: si siede ad un tavolino, vicino le ragazze e, lo vedo armeggiare con dei fogli di giornale (tipo City o Leggo, non saprei). Certo è che dopo un pò, lo vedo appoggiare ai lati di ogni singola ragazza, un fiore di carta, fatto con quei giornali. "Ma che bello!..." ho pensato tra me e me. Forse preso, da cotanta bellezza, quel ragazzo, che normalmente, definiremo minorato, ha creato con le sue sole mani, dal nulla, una cosa così bella e così dolce...Quelle non lo hanno degnato di uno sguardo, QUELLE STRONZE NON LO HANNO NEANCHE RINGRAZIATO! Non voleva soldi, ma si è seduto lì, così soltanto per piacere e per regalare qualke minuto di dolcezza. Poi, si è alzato e se ne è andato, lanciando un ultimo tenero sguardo verso "quelle". Risultato, dopo un pò, quelle stronze si sono alzate e se ne sono andate, lasciando il loro gentile omaggio sul tavolo. MA KI KA...O SI CREDONO DI ESSERE? LE SORELLE DEL KA...O? MA COME SE LA TIRANO, CHE CREDONO DI ESSERE ETEREE? DEE? ESSERI SUPERIORI? Sono solo persone a cui la natura ha voluto regalare un aspetto piacevole, e basta!
Quest'atteggiamento mi ha fatto ink...re come una bestia! E' questo il genere di persone ke non sopporto. Persone ke si credono superiori, ma che nel cuore, e di questo ne sono sicuro, sono "POVERE", "VUOTE", "SCIALBE"! Persone che non meritano di ricevere queste dimostrazioni di affetto semplici e spontanee, di essere al centro di queste tenere e dolcissime attenzioni!

Per fortuna che il 90% dell'umanità non è così! Per il restante 10%, ke inkazzatura, però...