30 giugno, 2006

Fermati

Sto lavorando, e, quando posso, tra una cosa e l'altra, ascolto Renato ... ora che ci penso, sono quasi 21 anni che sono un sorcino.

Nel lontano 1985, ascoltai per la prima volta una canzone, "Fermati", di Renato Fiacchini, in arte ZERO, tratta dal album "Identikit". Da allora, Renato mi è entrato nel cuore e non ne è uscito più.

Regalino: posto il testo integrale di "Fermati":

Distratto amore, vai…
Malato dei segreti tuoi!
Muori e rinasci, quando vuoi, se vuoi…
Negli occhi della gente,
Che non sente
Gente delusa
Gente…che non sa chi sei!!!
Per quale strada vai ?
In quale uomo abiterai ?
Distratto amore andrai…
Sempre in cerca di un alibi…
Fermati!!!
Nelle mani, senza scrupoli…
Da chi paga per conoscerti,
In chi non sa difendersi,
Da chi sceglie un corpo all’anima!!!
Fermati!!!
Fra i pensieri sempre fragili
Nelle fiale troppo complici
Nei sorrisi troppo ironici,
Nella troppa solitudine…
Amore, che ne sai…
Dov’e’ finita l’allegria!
…dove non c’e’ speranza, un dio muore!
Nelle corsie occupate,
Dal dolore,
Nelle prigioni,
Fra pareti di follia…
Fermati!!!


Grazie Renato, per le emozioni che mi hai regalato, che mi regali e che mi regalerai.

Piccoli giganti

Il tempo qui non passa mai
In questo grigio di città
Quando il cielo mi fa paura
Si può morire di poesia
Od impazzire di realtà
Prigionieri di quattro mura
Dove sei principe del blu
Principessa delle stelle
Ti chiamavo amore e libertà
Ora chiedi la mia pelle
Non è un gioco da ragazzi
Fare i grandi e poi crescere
Senza fare passi falsi mai
E andare avanti
Come piccoli giganti
Fuorilegge ma sarà così
Che diventeremo uomini
Anche da soli
La solitudine mi fa
A volte troppa compagnia
Nel silenzio della mia stanza
Dove sei quando ti vorrei
Quando cresce la mia rabbia
Se mi perdo non andare via
Come un segno sulla sabbia
Dove sei amico dei miei guai
Quando c'è da stare male
La ferita non si è chiusa mai
E adesso bruci più del sale
Siamo piccoli giganti
Fuorilegge ma sarà così
Che diventeremo uomini
Anche da soli
Non è un gioco da ragazzi
Fare i grandi e poi crescere
Senza fare passi falsi mai.

29 giugno, 2006

Oggi Clopin è triste.

Oggi Clopin è triste.

Come quando fuori le mura della cattedrale di Notre-Dame, girovagava tra i "rifuti umani" della società parigina, si chiedeva il perchè della miseria umana e della "immondizia emozionale" del mondo. Nell'assenza di una persona che non ha mai conosciuto, e che avrebbe voluto amare molto di più, e stringere tra le braccia; e con la quale chiaccherare con la certezza e la speranza di un consiglio giusto e affettuoso. Clopin, si sedette su un sasso a guardare lo scorrere lento della Senna, d'estate, e versando una lacrima; una lacrima amara del paradiso. Sembrò possibile che quella sola lacrima, riempisse quel letto naturale, più di una piena invernale.

Ti voglio bene, papà! Mi manchi tanto ...
Non si scrive perché si ha un’idea.
Si scrive perché non si sa fare altro!

28 giugno, 2006

Il mio guscio

Badate profeti, la vita degli inganni
è spirata altrove, lontana palmi e palmi
dal centro delle città.
Mondi sommersi di sabbie fini,
di monete coralline, di arabi mercenari
ricattati dagli infanti degli inferi.
I Lucani guardano alla Luna,
volti alle giostre mietitrici, rapide e fluenti.
Di fobie felici e strazi incantatori e muti,
è piena la vostra religione e la nostra fede.
Cieco come mostro marino anziano e grottesco,
infilo, lento, le perle dei sogni,
nei sogni miei di abusato adescatore di parole;
lungi il rispetto per il suo mestiere,
profonda è la riconoscenza
per chi non riesce a perdersi in esso.
Con le sacche ripiene del vomito
di uccelli birbanti e poco poco santi,
retorici nel loro dialogare e
caini nel loro dolore, stanca di duettare
si mostra l'orrida fata ospite di bui cimiteri
e improvvisatrice di loschi appuntamenti
con lo scritto del destino.
Onore al re e onore al suo signore imperatore.
Quel fetore di schiave del suo corpo,
fanno omaggio ad un passante con il soldo tintellante,
di forza tracimò quella gatta sorniona
all'impeto del suo cavallo.
Non respira, non brandisca arma che sia incolta
o anche lieve imperfezione del suo animo imperscrutabile;
in esso c'è il suggerimento del trovatore e del trovato
o dell'orfano, come si preferisce,
e una immonda e blanda scena goliardica e
di sodomitica memoria.
Lascia il ventre a riposare
per dieci o venti anni appena
e sfiorire si vedrà la nobiltà di quella compagnona,
non più novizia.
Cruda infamia è aspirare al meglio del meglio degli altri,
l'immoralità scorre in quelle vene:
per quanto tempo ancora, indosserò questo guscio
fatto di carne e di sangue e di cibo;
non per molto, ora io lo so,
rimembrate le ceneri e il mare e il vento
per non ingozzarvi più del mio onore e del mio talento.

26 giugno, 2006

Non potevo resistere ... notizia buona, notizia cattiva

Ha vinto il NO, e sono al settimo cielo. E non per il fatto che sostenevo questo fronte del referendum, ma soprattutto perché gli italiani si sono rivelati un popolo che sa valutare se ciò che gli viene proposto, è una cosa buona ovvero una vaccata pazzesca. Mi basta questo. Ora vorrei capire se basta ai politicanti del SI.

E’ morto Bruno! Questo mi fa incazzare come una bestia. Lo si poteva catturare, utilizzando reti di confinamento e proiettili soporiferi a basso impatto. Ma no si è voluto eliminarlo, in nome di un ipotetico “timore per la vita umana”. Bruno cercava solo di sopravvivere. Aveva perso la bussola. Aveva fame. Voleva sopravvivere ed aveva paura del uomo. Non avrebbe mai fatto del male a nessuno, se non gliene avessero fatto a lui. Un orso è forte nel suo territorio ma fuori o quando si perde, ha solo paura. E le bestie umane scambiano l’istinto aggressivo della sopravvivenza e della paura con la voglia omicidia che negli animali NON esiste.

Preghierina della sera: Bruno perdona loro, perché non sanno di essere umani.

Clopin

Modern World


I'm not in love with the modern world
I'm not in love with the modern world
I was a torch driving the savages back to the trees

Modern world has more ways
And I don't mention it since it's changed
While the people go out and the people come home again
It's gotta last to build up your eyes
And a lifetime of red skies
And from my bed saying your haunted hissing in my bed
Modern world don't ask why
Cause modern world build things high
Now they house canyons filled with life

Modern world i'm not pleased to meet you
You just bring me down
Modern world i'm not pleased to meet you
You just bring me down
Modern world i'm not pleased to meet you
You just bring me down
Modern world i'm not pleased to meet you
You just bring me down

23 giugno, 2006

E-mail di P. - Non voglio ...

"… ancora qui, ancora qui. Viva qui, perché?

No, non so perché. So solo che non ci tornerò più, non ci andrò più da quelli. Per poco sono ancora viva, … qui, … cazzo, mi sento male, … mi fa un male boia!
Basta buchi, basta ore passate a chiedere l’elemosina, basta giornate passate a non capire un cazzo, … a sperare di arrivare a domani.

Chicca ce la fatta! Ce la posso fare anch’io. Devo farcela, anch’io. Anche se odio tutti quei dottori che credono sempre di sapere tutto e, invece, non sanno proprio niente. Cazzo ne sanno loro di me?

Non voglio più svegliarmi nel cesso di una stazione con una spada conficcata nel collo o in un piede. Non voglio più svegliarmi nel mezzo di una cazzo di strada, con le mutandine strappate e con i vestiti strappati, e con l’aria di una strafatta, a prima mattina. Non voglio più vomitarmi addosso la vita. Non voglio più che la gente mi guardi e veda in me solo una puttana, una tossica. Fan culo tutti e … fan … culo quelli!

Aiuto! Voglio che qualcuno mi aiuti! Non voglio morire! Non voglio morire! Non voglio …"


P. ci è riuscita!

Grazie P., è bellissima.

Live with me


It don’t matter, when you turn
Gonna Survive, you live and learn
I’ve been thinking about you, baby

By the light of dawn,
A midnight blue … day and night … I’ve been missing you.
I’ve been thinking about you, baby.
Almost makes me crazy,
Come and live with me.

Either way, Win or Lose,
When you’re born into trouble,
You live the blues,
I’ve been thinking about you, baby.
See it almost makes me crazy

Times, Nothing’s right, if you ain’t here
I’ll give all that I have, just to keep you near
I wrote you a letter, I tried to, make it clear
You just don’t believe that i’m sincere
I’ve been thinking about you, baby.(woohoooo hoooo)

Plans and schemes, hopes and fears
Dreams that deny, for all these years
I, I’ve been thinking about you, baby
Living with me, wow

I’ve been thinking about you, baby
Makes me wanna [hoooo, hoooo]
Yeah, yeah, yeah

Times, Nothing’s right, if you ain’t here
I’ll give all that I have, just to keep you near
I wrote you a letter, darling, tried to make it clear,
But you just don’t believe that I’m sincere

I’ve been thinking about you, baby
I want you to live with me, wow
I’ve been thinking about you, baby
I want you to live with me

JOSEPH CAREY MERRICK

JOSEPH CAREY MERRICK, ai più è un nome che non dice niente! A qualcuno rammenterà vaghi ricordi. Qualcun altro (pochi, credo), avranno un brivido freddo misto di emozione, terrore e pietà.

Chi è JOSEPH CAREY MERRICK?
E' il simbolo della superficialità umana e di quella sciocca visione del uomo, secondo cui la bruttezza esteriore sia emblema di ribrezzo e ilarità, e che la diversità, l'anormalità esista solo per essere oggetto di umorismo e vergogna, e di interesse scientifico, e di ruvido divertimento. La vera vergogna è il pensiero in se stesso. Il mostro, quello sì che è in noi, nessuno escluso! Ho detto nessuno!

Clopin ha conosciuto un "Joseph Merrick" a Parigi e ha conosciuto le sue paure, la sua angoscia, il suo sguardo basso, ... la sua infinita solitudine. Clopin ha abbracciato un amico che è un "Joseph Merrick". Clopin ha pianto per averlo offeso ingiustamente. Clopin ha visto la bellezza interiore del suo amico.

Clopin si è sentito (e si sente) un pò un "Joseph Merrick". Anche se certamente di gran lunga più fortunato di JOSEPH CAREY MERRICK.
Clopin si è sentito spesso un "Joseph Merrick" dentro di se più che fuori.
Clopin ha capito che ci sono molti "Joseph Merrick", nel mondo. Vicino a noi. Nascosti ai nostri occhi. O, magari, semplicemente confusi nelle nostre folle, al suono delle nostre trombe, nel nostro dimenare di bandiere, e di patetici e ipocriti inni pecorecci.

Non mi stancherò mai di ricordare ... la voce di un gigante, piccolo piccolo.

Paulo Choelo, scrisse: "Che cos'è un matto? Proprio così. Questa volta ti risponderò senza giri di parole: la follia è l'incapacità di comunicare le tue idee. E' come se tu fossi in un paese straniero: vedi tutto, comprendi tutto quello che succede intorno a te, ma sei incapace di spiegarti e di essere aiutata, perchè non capisci la lingua. Ma è un qualcosa che abbiamo provato tutti! Perchè tutti, in un modo o nell'altro, siamo folli"

20 giugno, 2006

Il progresso da lontano


Ho provato ad immaginare il progresso
Come una grande anima malata
Una enorme concatenazione di cause ed effetti
Grandi numeri e probabilità infinitesimali

Come certe albe di Roma
La cui luce elenca piano gli alberi
Così la linea del progresso si espande
Trasformando i colori delle cose in uno solo
Il bianco

Ho provato ad immaginare il progresso
Come masse di uomini che si spostano
Rincorrendo equilibri impossibili
Mescolando il colore di una bandiera
Con il rumore elettrico di un fast food
Io confondo il bene con i beni
E mi disperdo la coscienza in sensi unici

Guarderò il progresso da lontano
Per esserne affascinato e non coinvolto fino in fondo
Non vedo un altro modo per salvare l’entusiasmo
In questo mondo

Dove ognuno tende ad inseguire
Solo l’ideale di se stesso
Moltiplicando il senso del potere
Ricercando il compromesso

Eppure noi viviamo nel progresso
Lo utilizziamo per ascoltarci
Per accomodarci, per salvare l’entusiasmo
E lo fraintendiamo con la cultura dell’immagine
Del corpo, dell’apparenza

Ne occupiamo le frequenze,
e ci serviamo di certe sue estensioni
fino a rimanerne abbronzati
perchè può sostituire anche la luce del sole
e la ricerca di un Dio

Così, d’istinto, cerchiamo protezione
E poniamo distanze tra l’ieale di noi stessi
E tutto il diverso
Moltiplicando il senso del potere,
ricercando il compromesso.

Guarderò il progresso da lontano
Per esserne affascinato e non coinvolto fino in fondo
Non vedo un altro modo per salvare l’entusiasmo
In questo mondo

Dove ognuno tende ad inseguire
Solo l’ideale di se stesso
Moltiplicando il senso del potere
Ricercando il compromesso

Mi piace immaginare un altro punto dell’universo
Opposto al nostro
Dove un uomo divaga sul progresso del suo mondo
Da una finestra ricavata
In mezzo a una metropoli.

(Federico Zampaglione - Tiromancino)

Riflesso del giorno: Chi va d’accordo con la povertà è ricco. (Epicuro)

18 giugno, 2006

Confessioni di un tributante

Dove sono i sogni, quei miei desideri reconditi, nascosti o abbandonati in qualche angolo di una soffitta o di un cuore. Quella magia delle emozioni e della scoperta e dei sentimenti che non ricordo più, che non so più dove cercare. Le mie paure, quelle insicurezze hanno concorso a segregarle, portarle via, lontano da me, celandole anche alla curiosità sopita della mia anima. Perché non riesco più a sognare come un tempo, quando tutto era possibile, quando tutto sembrava facile, quando nulla era definibile. Ora non lo è più, ora è tutto sbiadito, è tutto immagini senza contorno, senza dignità. Ora sono veramente cosciente che nulla è più come prima, com’era. Mi passo la mano sugli occhi, sul naso, e poi le labbra, e poi mi ricordo che tanto tempo fa, esse hanno amato, hanno avuto coraggio sufficiente di dichiararsi, di parlare, di sospirare, di baciare, di lambire sorrisi innamorati ed increduli e crudeli. E poi labbra che hanno singhiozzato e pianto delle promesse di un amore infedele, infrante innalzi al mare, il mare che nasconde muto e silenzioso il mio segreto ed in quel mare che vorrei morire; perché in esso ritroverei i gesti, le ombre, gli amori che, un tempo, ho amato molto. Non è facile arrendersi al lento, inesorabile, nervoso scorrere del tempo che è al pari del lento scorrere delle dita tra le pagine di un libro. Oh!, quante volte ho inseguito le avventure ed i personaggi citati nei libri, ed ho sognato di paesaggi immaginari, irreali, surreali, immaginati dagli scrittori nei loro libri. Speravo, sempre, di trovare tra le pagine dei libri, le risposte ai miei perché e per come. Quei libri, che con la loro poesia, con il loro raccontare, mi hanno solo saputo insegnare che nulla è come essa ci appare, ma come viene conquistata con la pazienza e con l’ardore dei ragazzini. Ogni giorno, in ogni posto, in ogni anfratto del tempo della vita, vedo persone immerse nella lettura dei libri ed ogni volta vedo nei loro occhi, la bramosia, l’affanno di trovare una risposta ad una domanda, una qualsiasi, magari sorta qualche hanno prima, o poco tempo fa. Solo pochi, invece, capiscono che non sono le risposte che devono cercare, piuttosto altre domande. Sono coloro che più ammiro. Ma perché cercare altre domande e non affannarsi a trovare le risposte a quelle che già ci poniamo? Forse perché non ci si occupa il tempo; si sfugge alle difficoltà di coltivare il desiderio della risposta a domande impossibili. Mi diletto a scorgere negli occhi di quelle donne, uomini d’affari, commessi viaggiatori, fattorini, adolescenti libertini, immigrati provenienti da paesi lontani, ballerine dai sogni illusi ed infranti, il loro bisogno di trovare quella ricchezza che cercano da tutta una vita e che non avranno modo di trovarne in un’altra. Occhi che sembrano fiochi, spenti, privati della loro anima interiore, della loro luce e consapevoli di essere solo una minima parte di un’anima molto più grande e molto più spietata; l’anima del mondo, l’anima di Dio. Ogni giorno, ovunque, in ogni occasione, vedo persone che inseguono i loro sogni perduti, quando hanno già deciso di rinunciare a coltivarne degli altri. Credono sia questo, il segreto della vita, il segreto, custodito gelosamente, dalla generosa madre che chiamano ‘natura’ e dal fiero padre che, con azzardo, chiamiamo ‘destino’. Che grandi e sciocchi illusi che siamo; ostinati e determinati, curiosi di provare qualche cosa di nuovo, di eccitante. Ma dove finiscono le nostre vere emozioni, quelle che ci fanno accorgere che siamo ancora vivi, che siamo esseri umani, non automi? Ma perché, poi, me lo chiedo visto che non conoscerò mai la risposta. I volti della gente, quei volti che raccontano con le loro pieghe, le vere storie di una vita, trasudando la fatica delle parole e dei sentimenti dei loro proprietari. Mai come adesso, guardandomi allo specchio, mi rendo conto che il mio di volto è esattamente uguale al loro. Tutti i giorni abbandoniamo le scatole in cui ci vantiamo a vergogna di (soprav)vivere, entriamo in altre scatole che trasportano corpi fisicamente stanchi e anime desolatamente vuote verso altre scatole dove consumiamo demotivati rancori, soddisfazioni, pietà, collaborazione, frustrazione, spirito di corpo e di appartenenza, e delirio di onnipotenza, solo per il fatto di permetterci la libertà che non sappiamo neanche bene governare. E, poi, si ritorna nelle scatole dove, nella notte, per chi può, riposano le nostre menti convinte che domani, “un domani”, sarà diverso. Perché ci ripetiamo che siamo capaci di mutarlo a nostro favore, in qualsiasi momento. Perché, in ultimo, non siamo in grado di farlo, è un’altra di quelle domande. Una macchia scura su una parete tutta bianca, mi ricorda che siamo piccoli, tanto piccoli da essere invisibili ai più. Quello che davvero mi spaventa è che siamo, molto spesso, invisibili anche alle altre macchioline vicine che ci circondano. Quante volte, ho urlato nella notte, squarciando il silenzio del buio e delle luci dei lampioni per rimproverare al tempo di avermi portato oltre la soglia del non ritorno, del mio dolore, per non essere in grado di restituirmi il passato. Macchioline che resteranno su pareti bianche che il tempo, pazientemente, provvederà a cancellare o dimenticare; sempre più invisibili. Odio lo scorrere del tempo, che mi avverte del conto alla rovescia; quando le ossa iniziano a scricchiolare, quando la vista inizia a far fatica, quando la memoria ti fa dimenticare le cose più futili e ti affanna per ricordare quelle importanti. Il tempo che scocca il suo conto a ritroso e non sai mai come fermarlo, mai. Penso: che ingrato mestiere è quello del riparatore di orologi. Non so come prendere il fatto che sia inutile ricorrere a tutti quegli espedienti per rallentare o solo nascondere questo inesorabile conteggio. Sembra quasi essere una presa in giro della inumana natura umana che coinvolge tutte le macchioline in questo inutile tentativo di evitare il tributo dovuto. Come se fosse possibile escogitare un sotterfugio per beffarlo. Cosa c’è sepolto in fondo al mio cuore che non riesco a riportare alla luce, che non riesco a riportare al ricordo? Il tempo e la mia presunzione giocano contro i miei tentativi. Ma è veramente giusto che tutto sia temporaneo, inidoneo a permanere per il tempo di questa nostra vita e delle nostre sensazioni? O è solo il testimone infante della inesorabilità e di quel mistero che è più grande di noi e di tutte queste mie parole. Tante volte mi sono immaginato il mistero oltre il trascendentale e l’ovvietà delle religioni e delle nazioni e delle filosofie. Ma è vero questo mistero, non che sia riduttivo, troppo sottile e troppo debole, impalpabile dall’esterno e vuoto all’interno. Molte volte ho immaginato che il mistero mi sarebbe stato svelato al momento in cui, entrando nella mia stanza deserta, l’atteso amore, con un sorriso mi avesse fatto sentire qualcuno per qualcuno; esistere per se stessi e per lei. La speranza altrui che alimenta la mia. Il sacrificio, questo è il tributo che avrei pagato per averla. La rinuncia, questa è la scelta che avrei seguito per amarla.

14 giugno, 2006

Nu poco 'e bbene

Tu si cchiù ddoce d’a malinconia
comme ‘o mare dint’a rezza
trase jesce e se ne va
E vvote si comme o viento da tempesta
ce vulessero ‘e catene
pe’ fermà tutto ‘stu mmale
pe’ sentì nu poco ‘e bbene
e ‘a lava che dorme dint’a ‘sta montagna
e sta vicino a Napule e a Pumpei
so’ sule, so’ sule senza ‘sta Maronna
tutta ‘sta ggente de’ Campi Flegrei
E ‘o sole ca ce sceta tutt’e juorne
e ce coglie all’intrasatte
dint’o suonane dint’a ll’uocchie
trase jesce e se ne va
dimane po’ torna a venire

l’ammore nun a bisogno d’e parole
e ‘n’cielo ce stanno sempe troppi scale
e ‘a vita è comme ‘a sagliuta, nisciuno t’aiuta
si care nisciuno te sente o te da ‘na mano

E ‘a Luna ca torna sempe tutte ‘e notte
dincello ‘stu ffuoco si se po’ stutare
e a nuje ca simme carne e sentimento
‘stu core se ferma e nun vo’ (cchiù) camminare.

Tu sei più dolce della malinconia
come il mare dentro la rete
entra esce e se ne va
A volte sei come il vento della tempesta
ci vorrebbero le catene
per fermare tutto questo male
per sentire un poco di bene.
La lava che dorme in questa montagna
e sta vicino a Napoli e a Pompei
sono soli senza questa Madonna
tutta questa gente dei Campi Flegrei
E il sole che ci sveglia tutti i giorni
e ci coglie all’improvviso
nel sonno e dentro agli occhi
entra esce e se ne va
domani può ritornare

L’amore non ha bisogno di parole
e in cielo ci sono sempre troppe scale
e la vita è come una salita, nessuno t’aiuta
se cadi nessuno ti senti o ti dà la mano

E la Luna che torna sempre tutte le notti
diglielo questo fuoco se si può spegnere
a noi che siamo carne e sentimento
questo cuore si ferma e non vuole più camminare.


L.C.

13 giugno, 2006

Caro Lucilio ...

Caro Lucillio,
segui il mio consiglio, diventa padrone del tuo tempo e tienilo da conto: è la cosa più preziosa che hai. Convinciti che le cose stanno così come io te le racconto: alcune ore ci vengono sottratte da occupazioni necessarie, quali il lavarsi, il mangiare e il dormire; altre, invece, le spendiamo per fare del male (e sono quelle di cui più ci dovremmo vergognare); e altre ancora per non fare assolutamente niente (e che poi, a conti fatti, finiscono per essere la maggioranza). Nessuno che si accorga che si muore giorno dopo giorno, minuto dopo minuto, e che la vita si consuma come la polvere della clessidra che scivola in silenzio verso il basso.
Il nostro errore maggiore sta nel credere che la morte sia una cosa che ancora deve venire, laddove essa, la maledetta, in gran parte è già avvenuta, e sta alle nostre spalle. Ogni ora che passa esce dalla tua cassaforte e va a far parte del dominio della morte. Fa’ tesoro allora, o mio Lucilio, del tempo che ti resta. Sarai meno schiavo del futuro e diventerai più padrone del presente. Tutto, in pratica, appartiene agli altri, a eccezione del tempo che è un bene soltanto tuo. Lo hai avuto in dono dalla natura e non lo puoi regalare al primo venuto. Quante volte invece, ammettilo, lo hai gettato via solo per procurarti il superfluo?
A questo punto ti chiederai come mi comporti io nella vita, io che sto qui a dare consigli anche a chi non me ne chiede. Ebbene, ti risponderò con la massima sincerità: il mio caso è quello di un uomo che cerca di spendere il proprio tempo in modo generoso, senza strafare. E’ stupido, infatti, accumulare ricchezze per un futuro che non esiste. D’altra parte come dicono i nostri vecchi, o almeno quelli di loro che si ritengono più saggi? «E’ inutile conservare il vino in fondo al vaso quando si è arrivati alla feccia.» Addio, tuo Lucio Anneo.


Come un graffio guarito, sei nel mio cuore di grande orso, amica mia.

12 giugno, 2006

Rose di carta

...sono appena tornato dalla pausa pranzo. Da quando sono tornato a Napoli e trovandomi al Centro Direzionale, ho ampia varietà di scelta, tra bar, ristoranti, pizzetterie, pizzereie, etc, etc. ma, di solito, tendo a preferire un bar, sito proprio sotto l'ufficio. Beh, oggi, ho assistito ad una cosa che mi ha fatto pietà per un certo verso e arrabbiare per un altro.
Mentre, seduto al mio tavolino, attendevo la mia piadina, bresaola, rucola e scaglie di parmigiano, poco più in là, scorgo un tavolo con quattro belle ragazze sedute. Erano belle, ma veramente belle (poi mi sono ricordato che vicino l'ufficio, c'è una boutique che, qualche volta, organizza dei defilé; da qui ho collegato la cosa). Ad un tratto entra un ragazzo sulla trentina, visibilmente portatore di menomazione mentale. Ma non è questo il punto: si siede ad un tavolino, vicino le ragazze e, lo vedo armeggiare con dei fogli di giornale (tipo City o Leggo, non saprei). Certo è che dopo un pò, lo vedo appoggiare ai lati di ogni singola ragazza, un fiore di carta, fatto con quei giornali. "Ma che bello!..." ho pensato tra me e me. Forse preso, da cotanta bellezza, quel ragazzo, che normalmente, definiremo minorato, ha creato con le sue sole mani, dal nulla, una cosa così bella e così dolce...Quelle non lo hanno degnato di uno sguardo, QUELLE STRONZE NON LO HANNO NEANCHE RINGRAZIATO! Non voleva soldi, ma si è seduto lì, così soltanto per piacere e per regalare qualke minuto di dolcezza. Poi, si è alzato e se ne è andato, lanciando un ultimo tenero sguardo verso "quelle". Risultato, dopo un pò, quelle stronze si sono alzate e se ne sono andate, lasciando il loro gentile omaggio sul tavolo. MA KI KA...O SI CREDONO DI ESSERE? LE SORELLE DEL KA...O? MA COME SE LA TIRANO, CHE CREDONO DI ESSERE ETEREE? DEE? ESSERI SUPERIORI? Sono solo persone a cui la natura ha voluto regalare un aspetto piacevole, e basta!
Quest'atteggiamento mi ha fatto ink...re come una bestia! E' questo il genere di persone ke non sopporto. Persone ke si credono superiori, ma che nel cuore, e di questo ne sono sicuro, sono "POVERE", "VUOTE", "SCIALBE"! Persone che non meritano di ricevere queste dimostrazioni di affetto semplici e spontanee, di essere al centro di queste tenere e dolcissime attenzioni!

Per fortuna che il 90% dell'umanità non è così! Per il restante 10%, ke inkazzatura, però...

06 giugno, 2006

Ricordo di Lucera ...


... porca miseria, come piove! Viene giù che è una bellezza ... la pioggia mi affascina, e soprattutto in estate (beh, lo so che non ci siamo ancora del tutto, ma mi piace pensarlo).

Tempo fa, mentre mi trovavo a Lucera (FG), durante una giornata torrida, assolata e secca, ... all'improvviso, cielo oscuro, lampi come flash di macchina fotografica, una leggera ma insistente brezza piovana mista a odore di terra appena bagnata, caos in strada (è incredibile il panico che si scatena in prossimità di un temporale), e ... giù come Dio comanda. Ma la cosa era stranamente emozionante. Io, verso Porta Troia, sotto la pioggia, come un deficiente (e mi sono sentito tale per buoni 30 secondi e più) e poi scopro che non sono l'unico. Qualcuno, più in là, che decide di godersi lo scorrere dell'acqua sulla pelle e sui vestiti bagnati (meno male che, comunque, faceva un caldo boia). Fu quasi poesia, fu matrimonio con la natura, fu l'incoscienza di essere solo un piccolo uomo di fronte a cotanta bellezza ... e si, mi affascinano i temporali perchè dimostrano la forza e la "giustizia" della vecchia madre natura [a proposito, io me la immagino come una vecchietta, con capelli bianchi, un vestito di tulle bianco con ricamato sopra tante rose, margheritine, foglie di edera e con un ramo di salice in mano, ... insomma quel che si dice una vecchietta in gamba (mamma mia, sembra un tipico ritratto disneyano)]. Di fronte a Lei, non possiamo che essere piccoli, minuti, semplici, rispettosi, e invece ..., non è sempre così! Facciamo sempre molto, molto male alla povera vecchina ... però c'è sempre quel boato che ci ricorda quel che siamo, "...don't forget it!"

Film del giorno: Le fate ignoranti: "... quante parole non dette, quanti sguardi non ricambiati ... la vita ci passa accanto e noi non ce ne accorgiamo neppure!"