



La coscienza di una pianta nel cuore dell’inverno non è rivolta all’estate che è passata ma alla primavera che arriverà. (P. C.)



Dovunque fosse, lui era lì.
Doveva arrivare prima o poi, … ho deciso prima.
Va bene, va bene, ... qualcuno mi ha chiesto spiegazioni sul post precedente ... siamo io, Echo & Bunnymen, al cinema!
;DDDD
Clopin

Con ansia famelica di vita
Senza spina sopita nel fianco al mio onore
E sacco di muti miracoli intorno al mio cuore.
Ok, ok ... ci sono un due o tre cose che mi hanno fatto arrabbiare oggi:
Ho sentito il male solo quando l’ho avuto in corpo e mi ha sconvolto, ma nemmeno questo sono stato in grado di vivere fino in fondo. Non me ne sono impossessato, è stato lui ad impossessarsi di me.
che caldo che fa oggi ... ma il mio cuore è gelato.
Hanno ragione, hanno ragione
E' sabato sera, sono le ore 22:20 e sono fermo a letto per una piccola complicazione verificatasi durante l’operazione al mio “dentino”. Dice il dottore che domani starò sicuramente meglio. Per ora, per calmare il dolore, mi hanno dovuto sedare con un antidolorifico molto potente. Pazienza, … cose che succedono (ma questo il dentista non me l’aveva mica detto!).
In questi due giorni, oltre che al mio dente che non esiste più (o quasi – te l’ho detto che ci sono state “complicazioni”) ed al dolore lancinante, mi è capitato di pensare a tante cose:
Sono questi i momenti in cui sei nudo con te stesso e in cui vedi bene dentro di te quello che sei stato, quello che sei diventato, quello che sarà il tuo futuro. Questi momenti, io li chiamo: "la constatazione del nostro niente!"
Clopin
Ecco cosa è successo: camminavo per via del corso, per recarmi come sempre dal mio amico fraterno Stefano detto “Armaduc”. Nelle scadenze importanti, giugno è una di queste, mi ha sempre aiutato a compilare tutte quelle scartoffie fiscali: 730, UNICO, ICI, etc. per le quali non ho mai avuto grande predilezione di simpatia.
Sto lavorando, e, quando posso, tra una cosa e l'altra, ascolto Renato ... ora che ci penso, sono quasi 21 anni che sono un sorcino.
Badate profeti, la vita degli inganniHa vinto il NO, e sono al settimo cielo. E non per il fatto che sostenevo questo fronte del referendum, ma soprattutto perché gli italiani si sono rivelati un popolo che sa valutare se ciò che gli viene proposto, è una cosa buona ovvero una vaccata pazzesca. Mi basta questo. Ora vorrei capire se basta ai politicanti del SI.
E’ morto Bruno! Questo mi fa incazzare come una bestia. Lo si poteva catturare, utilizzando reti di confinamento e proiettili soporiferi a basso impatto. Ma no si è voluto eliminarlo, in nome di un ipotetico “timore per la vita umana”. Bruno cercava solo di sopravvivere. Aveva perso la bussola. Aveva fame. Voleva sopravvivere ed aveva paura del uomo. Non avrebbe mai fatto del male a nessuno, se non gliene avessero fatto a lui. Un orso è forte nel suo territorio ma fuori o quando si perde, ha solo paura. E le bestie umane scambiano l’istinto aggressivo della sopravvivenza e della paura con la voglia omicidia che negli animali NON esiste.
Preghierina della sera: Bruno perdona loro, perché non sanno di essere umani.
Clopin



Ho provato ad immaginare il progresso
Come una grande anima malata
Una enorme concatenazione di cause ed effetti
Grandi numeri e probabilità infinitesimali
Come certe albe di Roma
La cui luce elenca piano gli alberi
Così la linea del progresso si espande
Trasformando i colori delle cose in uno solo
Il bianco
Ho provato ad immaginare il progresso
Come masse di uomini che si spostano
Rincorrendo equilibri impossibili
Mescolando il colore di una bandiera
Con il rumore elettrico di un fast food
Io confondo il bene con i beni
E mi disperdo la coscienza in sensi unici
Guarderò il progresso da lontano
Per esserne affascinato e non coinvolto fino in fondo
Non vedo un altro modo per salvare l’entusiasmo
In questo mondo
Dove ognuno tende ad inseguire
Solo l’ideale di se stesso
Moltiplicando il senso del potere
Ricercando il compromesso
Eppure noi viviamo nel progresso
Lo utilizziamo per ascoltarci
Per accomodarci, per salvare l’entusiasmo
E lo fraintendiamo con la cultura dell’immagine
Del corpo, dell’apparenza
Ne occupiamo le frequenze,
e ci serviamo di certe sue estensioni
fino a rimanerne abbronzati
perchè può sostituire anche la luce del sole
e la ricerca di un Dio
Così, d’istinto, cerchiamo protezione
E poniamo distanze tra l’ieale di noi stessi
E tutto il diverso
Moltiplicando il senso del potere,
ricercando il compromesso.
Guarderò il progresso da lontano
Per esserne affascinato e non coinvolto fino in fondo
Non vedo un altro modo per salvare l’entusiasmo
In questo mondo
Dove ognuno tende ad inseguire
Solo l’ideale di se stesso
Moltiplicando il senso del potere
Ricercando il compromesso
Mi piace immaginare un altro punto dell’universo
Opposto al nostro
Dove un uomo divaga sul progresso del suo mondo
Da una finestra ricavata
In mezzo a una metropoli.
(Federico Zampaglione - Tiromancino)
Riflesso del giorno: Chi va d’accordo con la povertà è ricco. (Epicuro)
Dove sono i sogni, quei miei desideri reconditi, nascosti o abbandonati in qualche angolo di una soffitta o di un cuore. Quella magia delle emozioni e della scoperta e dei sentimenti che non ricordo più, che non so più dove cercare. Le mie paure, quelle insicurezze hanno concorso a segregarle, portarle via, lontano da me, celandole anche alla curiosità sopita della mia anima. Perché non riesco più a sognare come un tempo, quando tutto era possibile, quando tutto sembrava facile, quando nulla era definibile. Ora non lo è più, ora è tutto sbiadito, è tutto immagini senza contorno, senza dignità. Ora sono veramente cosciente che nulla è più come prima, com’era. Mi passo la mano sugli occhi, sul naso, e poi le labbra, e poi mi ricordo che tanto tempo fa, esse hanno amato, hanno avuto coraggio sufficiente di dichiararsi, di parlare, di sospirare, di baciare, di lambire sorrisi innamorati ed increduli e crudeli. E poi labbra che hanno singhiozzato e pianto delle promesse di un amore infedele, infrante innalzi al mare, il mare che nasconde muto e silenzioso il mio segreto ed in quel mare che vorrei morire; perché in esso ritroverei i gesti, le ombre, gli amori che, un tempo, ho amato molto. Non è facile arrendersi al lento, inesorabile, nervoso scorrere del tempo che è al pari del lento scorrere delle dita tra le pagine di un libro. Oh!, quante volte ho inseguito le avventure ed i personaggi citati nei libri, ed ho sognato di paesaggi immaginari, irreali, surreali, immaginati dagli scrittori nei loro libri. Speravo, sempre, di trovare tra le pagine dei libri, le risposte ai miei perché e per come. Quei libri, che con la loro poesia, con il loro raccontare, mi hanno solo saputo insegnare che nulla è come essa ci appare, ma come viene conquistata con la pazienza e con l’ardore dei ragazzini. Ogni giorno, in ogni posto, in ogni anfratto del tempo della vita, vedo persone immerse nella lettura dei libri ed ogni volta vedo nei loro occhi, la bramosia, l’affanno di trovare una risposta ad una domanda, una qualsiasi, magari sorta qualche hanno prima, o poco tempo fa. Solo pochi, invece, capiscono che non sono le risposte che devono cercare, piuttosto altre domande. Sono coloro che più ammiro. Ma perché cercare altre domande e non affannarsi a trovare le risposte a quelle che già ci poniamo? Forse perché non ci si occupa il tempo; si sfugge alle difficoltà di coltivare il desiderio della risposta a domande impossibili. Mi diletto a scorgere negli occhi di quelle donne, uomini d’affari, commessi viaggiatori, fattorini, adolescenti libertini, immigrati provenienti da paesi lontani, ballerine dai sogni illusi ed infranti, il loro bisogno di trovare quella ricchezza che cercano da tutta una vita e che non avranno modo di trovarne in un’altra. Occhi che sembrano fiochi, spenti, privati della loro anima interiore, della loro luce e consapevoli di essere solo una minima parte di un’anima molto più grande e molto più spietata; l’anima del mondo, l’anima di Dio. Ogni giorno, ovunque, in ogni occasione, vedo persone che inseguono i loro sogni perduti, quando hanno già deciso di rinunciare a coltivarne degli altri. Credono sia questo, il segreto della vita, il segreto, custodito gelosamente, dalla generosa madre che chiamano ‘natura’ e dal fiero padre che, con azzardo, chiamiamo ‘destino’. Che grandi e sciocchi illusi che siamo; ostinati e determinati, curiosi di provare qualche cosa di nuovo, di eccitante. Ma dove finiscono le nostre vere emozioni, quelle che ci fanno accorgere che siamo ancora vivi, che siamo esseri umani, non automi? Ma perché, poi, me lo chiedo visto che non conoscerò mai la risposta. I volti della gente, quei volti che raccontano con le loro pieghe, le vere storie di una vita, trasudando la fatica delle parole e dei sentimenti dei loro proprietari. Mai come adesso, guardandomi allo specchio, mi rendo conto che il mio di volto è esattamente uguale al loro. Tutti i giorni abbandoniamo le scatole in cui ci vantiamo a vergogna di (soprav)vivere, entriamo in altre scatole che trasportano corpi fisicamente stanchi e anime desolatamente vuote verso altre scatole dove consumiamo demotivati rancori, soddisfazioni, pietà, collaborazione, frustrazione, spirito di corpo e di appartenenza, e delirio di onnipotenza, solo per il fatto di permetterci la libertà che non sappiamo neanche bene governare. E, poi, si ritorna nelle scatole dove, nella notte, per chi può, riposano le nostre menti convinte che domani, “un domani”, sarà diverso. Perché ci ripetiamo che siamo capaci di mutarlo a nostro favore, in qualsiasi momento. Perché, in ultimo, non siamo in grado di farlo, è un’altra di quelle domande. Una macchia scura su una parete tutta bianca, mi ricorda che siamo piccoli, tanto piccoli da essere invisibili ai più. Quello che davvero mi spaventa è che siamo, molto spesso, invisibili anche alle altre macchioline vicine che ci circondano. Quante volte, ho urlato nella notte, squarciando il silenzio del buio e delle luci dei lampioni per rimproverare al tempo di avermi portato oltre la soglia del non ritorno, del mio dolore, per non essere in grado di restituirmi il passato. Macchioline che resteranno su pareti bianche che il tempo, pazientemente, provvederà a cancellare o dimenticare; sempre più invisibili. Odio lo scorrere del tempo, che mi avverte del conto alla rovescia; quando le ossa iniziano a scricchiolare, quando la vista inizia a far fatica, quando la memoria ti fa dimenticare le cose più futili e ti affanna per ricordare quelle importanti. Il tempo che scocca il suo conto a ritroso e non sai mai come fermarlo, mai. Penso: che ingrato mestiere è quello del riparatore di orologi. Non so come prendere il fatto che sia inutile ricorrere a tutti quegli espedienti per rallentare o solo nascondere questo inesorabile conteggio. Sembra quasi essere una presa in giro della inumana natura umana che coinvolge tutte le macchioline in questo inutile tentativo di evitare il tributo dovuto. Come se fosse possibile escogitare un sotterfugio per beffarlo. Cosa c’è sepolto in fondo al mio cuore che non riesco a riportare alla luce, che non riesco a riportare al ricordo? Il tempo e la mia presunzione giocano contro i miei tentativi. Ma è veramente giusto che tutto sia temporaneo, inidoneo a permanere per il tempo di questa nostra vita e delle nostre sensazioni? O è solo il testimone infante della inesorabilità e di quel mistero che è più grande di noi e di tutte queste mie parole. Tante volte mi sono immaginato il mistero oltre il trascendentale e l’ovvietà delle religioni e delle nazioni e delle filosofie. Ma è vero questo mistero, non che sia riduttivo, troppo sottile e troppo debole, impalpabile dall’esterno e vuoto all’interno. Molte volte ho immaginato che il mistero mi sarebbe stato svelato al momento in cui, entrando nella mia stanza deserta, l’atteso amore, con un sorriso mi avesse fatto sentire qualcuno per qualcuno; esistere per se stessi e per lei. La speranza altrui che alimenta la mia. Il sacrificio, questo è il tributo che avrei pagato per averla. La rinuncia, questa è la scelta che avrei seguito per amarla.
Tu si cchiù ddoce d’a malinconia
Caro Lucillio,